Nel mondo è disponibile un quantitativo di acqua salata molto maggiore rispetto a quella potabile la cui domanda entro il 2050 è previsto che cresca di un 55%, con il 70% del consumo legato alla produzione alimentare. Ecco che molti Paesi stanno mettendo in funzione impianti di dissalazione di vario tipo, in grado di recuperare dall’acqua marina, salmastra, acqua potabile.
Da qui sono partiti i ricercatori del Massachussetts Institute of Tecnologies (MIT) di Boston – uno dei più prestigiosi centri di ricerca del mondo – e dell’azienda Jain Irrigation Systems, nell’avviare lo studio volto a dimostrare come sia possibile sfruttare l’energia prodotta da pannelli solari per alimentare un sistema di dissalazione basato su una tecnica nota come elettrodialisi.
Il MIT e la Jain, che si sono aggiudicati il premio Desal 2015 – ideato per premiare il miglior dissalatore per rifornire le riserve d’acqua del pianeta – hanno proposto un metodo che prevede che l’acqua venga fatta passare attraverso due elettrodi con carica opposta. Tali elettrodi agiscono sul sale disciolto in acqua composto da ioni positivi e negativi con l’effetto di trascinare fuori gli ioni lasciando l’acqua dolce al centro del flusso. L’acqua dolce viene poi separata da quella salata attraverso una serie di membrane e disinfettata attraverso raggi ultravioletti.
Il basso consumo energetico e il maggiore recupero di quantità di acqua potabile renderebbero il sistema efficace in zone dove tradizionalmente la disponibilità di acqua potabile e di energia elettrica è piuttosto bassa. Il costo iniziale del dissalatore sarebbe assorbito proprio dalla bassa richiesta energetica.
Già un piccolo sistema a pannelli solari sarebbe in grado di alimentare un impianto di dissalazione in grado di provvedere alle esigenze di 2000-5000 persone. Il basso costo dell’impianto fotovoltaico compenserebbe quello iniziale, più alto.
Questo metodo tecnologico ha vinto, infatti, perché è riuscito ad abbattere molto i costi di dissalazione. Agli scienziati del MIT e della Jain sono andati 140.000 dollari, finanziati dalla Securing Water for Food initiative della US Agency for International Development. Il denaro permetterà loro di realizzare concretamente il sistema.