Ogni anno in Italia si prosciuga un bacino idrico grande come il Lago d’Iseo per irrigare frutta, verdura e ortaggi che non raggiungeranno gli stomaci dei cittadini: è lo spreco idrico del cibo che resta “in campo”, nei luoghi dove il cibo è coltivato. Vale oltre 16 milioni di tonnellate di acqua “virtuale”, ovvero 13.709.248.330 di metri cubi ‘acqua, equivalenti appunti al Lago d’Iseo.
I dati sono stati annunciati ieri, in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua, dall’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market e direttore scientifico della campagna europea “Spreco Zero” e dal curatore del progetto Reduce Luca Falasconi. Lo spreco alimentare domestico, ovvero il cibo ancora buono che finisce direttamente nei rifiuti – spiegano – vale circa 13 miliardi di euro secondo i Diari Waste Watcher, ovvero circa 0,83 punto di PIL. Intanto l’ISTAT conta ormai più di 10 milioni di italiani che vivono e si alimentano in condizioni di povertà. Lo spreco è intorno a noi, dai campi e dalla terra ai luoghi di commercializzazione del cibo e dell’acqua, ed è anche e soprattutto nelle nostre case’.
L’Osservatorio Waste Watcher ha calcolato che l’impronta idrica dello spreco in Italia ammonta a 24927 litri all’anno per ogni cittadino. Ciò equivale a dire che dietro a 13,7 kg pro-capite di spreco alimentare annuo si nascondono “virtualmente” circa 25 m3 di acqua, riversati nel bidone della spazzatura di casa di ogni italiano. ‘La dieta mediterranea utilizza in un anno poco più di 1700 metri cubi di acqua pro capite: può sembrare un’enormità – spiega il fondatore di Last Minute Market Andrea Segrè – ma la dieta anglosassone finisce per assorbire fino a 2600 metri cubi di acqua, sempre in un anno e sempre pro capite’.
L’impronta idrica degli alimenti ci spiega che per la produzione di un chilo di carne di manzo servono 16 mila litri di acqua, per produrre una tazza di caffè ne ‘bastano’ 140. Il rapporto fra lo spreco alimentare e l’impronta idrica che lasciamo con i nostri comportamenti quotidiani, alimentari e non, risulta determinante: il 70% dei consumi di acqua dolce, a livello planetario, è impiegata nel settore agricolo (poco meno del 40% nei paesi industrializzati, poco più dell’80% nei Paesi in via di sviluppo) e dietro ai pasti che consumiamo quotidianamente ci sono enormi quantità di acqua, fino a 3600 litri per un’alimentazione a base di carne.