Key4biz

Account condivisi: le contromisure, da Netflix a DAZN

Pagare alla romana? Una scelta naturale per le cene al ristorante, che evita di contare piatto per piatto quanto ha speso ciascuno dei commensali ma divide semplicemente in parti uguali il costo totale. Ma la sua versione digitale, il pagamento condiviso di un servizio di cui si può usufruire in più di una persona, è una delle prime minacce per le grandi corporazioni, in primo luogo le piattaforme di streaming come Netflix che hanno giurato guerra a queste pratiche.

È evidente che la smaterializzazione del tradizionale mezzo televisivo causata da Internet ha reso superflui i vecchi sistemi fisici di collegamento, come il cavo dell’antenna o la parabola in giardino. Oggi, per chi ha un abbonamento a un servizio di tv streaming, basta inserire le proprie credenziali – login e password – per accedere in qualsiasi luogo ci si trovi ai suoi contenuti esclusivi. Smartphone, tablet, PC, smart tv: basta una connessione e null’altro, sia fissa che mobile. Tutto questo, però, comporta anche dei rischi: proprio perché non serve più un elemento fisico, teoricamente chiunque sia in possesso di quelle credenziali può collegarsi. E le condizioni d’uso dei servizi non lo permettono, visto che con gli account condivisi significa uno – o più – potenziali clienti in meno.

Account condivisi, quando va bene e quando è troppo

Il problema ruota anche intorno al fatto che, per vendere gli account “family” a un prezzo più alto, sono gli stessi servizi di streaming a prevedere la possibilità di uso in comune delle stesse credenziali, a patto però che gli utenti facciano parte dello stesso nucleo familiare. Non c’è dubbio che lo sganciamento della visione dei contenuti dal tradizionale televisore da salotto, in favore di telefonini e tablet, renderebbe abbastanza assurda l’imposizione di un solo utente connesso alla volta: la forza dello streaming sta anche nella simultaneità e nell’esperienza personale, più che condivisa come un tempo, della fruizione dei contenuti personalizzati grazie agli algoritmi che si basano sui nostri gusti. Insomma, a ciascuno il suo, magari in stanze diverse, per accontentare chi vuole vedersi un film, chi non si perde l’ultimo episodio della sua serie preferita, chi aspetta da mesi la finale di coppa. Ma come si può dimostrare che un utente che accede con le credenziali corrette sia effettivamente dove deve essere?

Netflix, ad esempio, specifica che un “un account Netflix è destinato a persone che vivono insieme in un unico nucleo domestico”. Ma c’è un problema: la mobilità. Un altro enorme vantaggio dello streaming, la cui è importanza è aumentata man mano che le reti Internet mobile 4G e poi 5G sono divenute più economiche e performanti (come si può verificare comparando le diverse offerte disponibili su SOSTariffe.it), è continuare ad accedere alle piattaforme anche quando si è lontani di casa, o in viaggio. Non è affatto facile quindi riconoscere chi usa legittimamente le proprie credenziali all’esterno e chi lo fa perché è, ad esempio, un parente o un amico a cui il titolare dell’abbonamento ha passato login e password, pratica vietata e che va contro il contratto.

C’è poi da tenere presente che gli stessi account “family” offrono un incremento delle possibilità di visione contemporanea insieme alla qualità video; perciò, chi non ha bisogno della possibilità di guardare i contenuti da più apparecchi nello stesso momento ma non vuole rinunciare alla massima definizione come il 4K, sono nati negli ultimi anni diversi servizi – come Spliiit, Togetherprice e Sharehub – che sfruttano proprio la sovrabbondanza di potenziali in più per condividere la spesa con altre persone interessate. Anche qui non si scappa: è necessario rispettare le condizioni d’uso dei diversi servizi, e quindi il limite del nucleo domestico (ad esempio è una buona soluzione per dei coinquilini che vivono nella stessa casa ma in modo indipendente).

La risposta di Netflix: arrivano le “case extra”

Le piattaforme di streaming cercano di rispondere inviando una mail con richiesta di conferma quando registrano un accesso (o, di solito, più accessi in un lasso di tempo relativamente breve) con un IP diverso dal consueto; si tratta però, di una misura molto blanda, e infatti anche i maggiori colossi del settore non sono riusciti ad arginare il fenomeno. Per questo motivo la risposta di Netflix è stata drastica (e, non sorprendentemente, impopolare): aumentare il costo dell’abbonamento per chi vuole condividere il proprio account per più di due settimane. Il primo test  è stato effettuato in Argentina, El Salvador, Guatemala, Honduras e Repubblica Dominicana. Netflix ha cominciato a controllare le case dove vengono registrati gli accessi, e quando nota una connessione da una nuova posizione offrirà in automatico l’opzione per aggiungere una “casa extra”; se la condivisione durerà meno di due settimane non ci saranno costi aggiuntivi, altrimenti l’abbonamento aumenterà di 2 dollari e 99 al mese.

Con DAZN condivisione solo con la stessa rete

Non c’è naturalmente solo Netflix a denunciare il problema dei troppi account condivisi. Dati gli enormi investimenti per dare vita a prodotti sempre più in grado di rivaleggiare con i blockbustercinematografici – si pensi ad esempio ai costi per l’attesissima serie Gli Anelli del potere su Amazon Prime Video – e la concorrenza spietata tra i vari operatori del settore, non stupisce che si cerchi di tappare tutte le possibili falle in un sistema che già si regge su equilibri economici abbastanza precari, come ha del resto dimostrato il recente crollo nell’incremento dei nuovi abbonati a Netflix.

DAZN, che ha appena ritoccato verso l’alto il costo dei suoi abbonamenti (indispensabili per seguire le partite del campionato di Serie A), si è recentemente espressa attraverso il suo CEO italiano Stefano Azzi di fronte alle commissioni Cultura e Trasporti della Camera anche in questo senso: «tutti i servizi di streaming al mondo hanno deciso di dare una stretta agli account condivisi, a partire da Netflix. La condivisione delle password indiscriminata non sarà più consentita». E tra le misure in questo senso c’è proprio la scelta di proporre due account, uno standard da 29,99 euro e uno Plus, da 39,99 euro, che permetterà di utilizzare due dispositivi in due luoghi diversi per guardare i contenuti della piattaforma; l’abbonamento normale, invece, permetterà di usare due apparecchi in contemporanea solo se connessi alla rete Internet della stessa abitazione. Ma anche qui le associazioni dei consumatori si sono fatte sentire.

Exit mobile version