Biennale Spazio Pubblico: mentre Stoccolma brucia, da Roma si fa strada una nuova idea di città e cittadinanza

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Quarta notte di incidenti nella capitale svedese, al centro delle polemiche il fallimento dei progetti di integrazione e un’idea sbagliata di città e cittadinanza. Dalla Biennale Spazio Pubblico di Roma le possibili soluzioni in termini di smart community

Italia


Social Innovation

Si chiude a Roma la seconda Biennale Spazio Pubblico, con un bilancio assolutamente positivo e tante buone idee per uno sviluppo urbano sostenibile basato sul recupero degli spazi pubblici, sull’innovazione tecnologica e le buone pratiche di condivisione, coesione e rigenerazione sociale. Una visione avanzata del concetto di città e di cittadinanza che trova ragione di essere proprio in relazione ai drammatici fatti di Stoccolma. La capitale svedese, in questi giorni, si trova ad affrontare gravi problemi di ordine pubblico nelle sue periferie, conseguenza della distanza eccessiva tra il modo di immaginare e di vivere lo spazio pubblico del centro città e la dura realtà della periferia.

 

La bella e ordinata Stoccolma, infatti, è stravolta dalla quarta notte di scontri tra gli abitanti del quartiere popolare di Husby, ad alta concentrazione di immigrati, e le forze dell’ordine. Il tutto è partito da un tragico episodio, che ha visto la polizia sparare ed uccidere un uomo di 69 anni in circostanze ancora poco chiare. Da quel momento in poi bande di giovani dalle periferie hanno tentato di marciare sul centro cittadino appiccando incendi e distruggendo tutto quello che trovavano sul loro cammino, accusando le forze dell’ordine di razzismo e il Governo di non fare nulla per la disoccupazione giovanile (oltre il 50% tra i figli degli immigrati). Potrebbe sembrare un mero fatto di cronaca e di disagio giovanile, ma secondo molti è il frutto acerbo di politiche di integrazione ormai vecchie, della crisi economica che si abbatte soprattutto sui più giovani figli di immigrati e di un’errata concezione urbanistica che tende a creare ‘ghetti’ e che soffoca ogni forma di partecipazione ed inclusione sociale delle fasce di popolazione più disagiate e marginali.

 

Durante la Biennale dello spazio pubblico di Roma, organizzata dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) con la collaborazione di ANCI, Cittalia, Facoltà Architettura dell’Università di Roma 3, Consiglio nazionale architetti, Casa dell’architettura, Ordine architetti di Roma ed il sostegno di Cornell University, svoltasi alla Casa dell’Architettura e nei locali della Facoltà di Architettura di Roma Tre, si è cercato di sottolineare il rapporto stretto che c’è tra spazi pubblici, architettura e coesione sociale. l’idea che finora si è avuta di città e di comunità non sembra essere in grado di reggere i nuovi flussi migratori e soprattutto non ha permesso la cosiddetta integrazione di quelli vecchi nel tessuto cittadino.

La possibilità di invertire il processo di degrado culturale e sociale che minaccia i centri urbani d’Europa e non solo c’è ancora e le smart city potrebbero rappresentare una possibilità concreta di rinnovamento. Il coordinatore dell’evento romano, Mario Spada, lo ha spiegato in maniera chiara: “E’ stato un grande, aperto, libero incontro tra persone che in vario modo,  da diversi punti di vista,  professionali, sociali, accademici, si sono impegnate a migliorare gli spazi pubblici delle città e a realizzarli nelle aree periferiche e periurbane, che ne sono sostanzialmente prive. Quasi tutti i seminari e workshop si sono svolti all’insegna della concretezza, della individuazione di percorsi praticabili di rigenerazione urbana“.

 

Lo sviluppo armonico dei centri urbani si gioca tutto sul superamento del dualismo centro-periferia, partecipazione cittadina-ghetto. Nel progetto ‘La città che vogliamo’, presentato nelle sue fasi finali alla Biennale, si è lavorato tenendo presente la necessità della concretezza e del coinvolgimento dei cittadini, che molto si avvicina al moderno concetto di Smart community. Un ‘Viaggio’ che è passato per 13 Comuni delle buone pratiche e che ha coinvolto oltre 700 persone, di cui 187 tra tecnici e funzionari comunali e 44 amministratori. Un percorso virtuoso che ha visto iniziative di comitati di quartiere in 30 città e paesi, tra concorsi e le call for papers. “E’ stato un grande incontro con lo scopo di trovare un linguaggio comune che metta tutti in grado di fare la propria parte – ha sottolineato Spada – per contrastare le  minacce alla coesione sociale e migliorare i luoghi ove questa si esprime e realizza“.

 

Un monito e un suggerimento, che hanno come sfondo le sommosse che infiammano Stoccolma e che purtroppo mettono sul banco degli imputati le politiche fallimentari dell’integrazione, troppo vecchie per far fronte al grave stato di abbandono delle periferie, la crisi economica che dilaga anche in Scandinavia (e in altri Paesi) e l’involuzione culturale che sta emergendo prepotente in tutta Europa. Una visione negativa del futuro a cui hanno risposto ed opposto un’alternativa valida il concorso ‘Progetto e gestione dello spazio pubblico‘ lanciato da Cittalia-Anci e INU, e la call for ideas ‘Spazio pubblico /network /innovazione sociale‘.

 

Le due iniziative, inserite nell’evento della Biennale di Roma, hanno avuto lo scopo di far emergere le buone pratiche di programmazione, progettazione e gestione degli spazi pubblici con particolare attenzione ai soggetti e alle forme di custodia, gestione e manutenzione nel medio e lungo periodo. Hanno partecipato al concorso le pubbliche amministrazioni locali, i progettisti delle opere e le associazioni di cittadini, comitati civici o consorzi di operatori che hanno in cura lo spazio pubblico.

 

Spazi aperti (parchi, giardini, piazze, strade ecc.) ed edifici ad uso collettivo (spazi per la cultura, l’educazione) sono i due ambiti in cui si è articolato il concorso e in cui è stato possibile presentare il proprio progetto. La call for ideas ha riguardato, invece, il rapporto tra spazio pubblico fisico e reti virtuali con lo scopo di fare emergere le nuove pratiche di uso della città che si manifestano in virtù dei network sociali: dalle esperienze di co-working al crowdsourcing urbano, alla città open source, fino alle esperienze dei community hub.  È da qui che bisogna partire per invertire un processo di degenerazione sociale che sta investendo molte delle città europee, cui bisogna opporre subito una nuova idea di sviluppo urbano e di cittadinanza attiva.

(f.f.)

 

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