Messico
Le lampade a LED di cui tanto si parla e che cominciano ormai, sempre più diffusamente, ad essere usate in strada, nei condomini e nelle nostre abitazioni, consentiranno di consumare fino al 70% in meno di energia elettrica, rispetto a quelle tradizionali, con una durate di quasi 15 mila ore. Performace ottimali che ne fanno uno dei prodotti di punta dell’industria dell’illuminazione sostenibile e su cui si basano numerosi progetti di Smart lighting (illuminazione intelligente) in molti centri urbani.
Il LED (acronimo inglese di light emitting diode), tecnologia basata su diodi ad emissione luminosa, ci permetterà nei prossimi anni (parimenti ad un suo utilizzo crescente) di consumare meno energia e quindi di immettere meno CO2 nell’aria. Il Messico, negli ultimi sette anni, ha speso qualcosa come 5 miliardi di dollari in tali prodotti. Un dato che è destinato a crescere nei prossimi tempi, sostenuto anche dall’abbattimento del costo medio per lampadina anche del 50%. “Oggi – ha spiegato Alberto Larios, direttore generale di Expo Eléctrica Internacional – la tecnologia LED copre appena il 10% del mercato mondiale dell’illuminazione, ma è praticamente sicuro che nel 2020 raggiungerà il 70%“.
I motivi sono semplici e allo stesso tempo decisivi: si tratta di lampadine più efficienti, in grado di consumare molta meno elettricità, con ottimi risultati in termini di sostenibilità e di produzione di inquinanti (assenza di mercurio e gas nocivi), rispetto ad una normale lampada ad incandescenza. La sua durata è 40 volte superiore a quella delle lampadine normali e 10 volte superiore rispetto alle lampade fluorescenti (Cfl).
Il limite principale alla diffusione massiccia del LED è ancora nel costo. Secondo i dati presentati all’EEL 2013: “In Messico una lampadina normale costa circa 10 pesos, una fluorescente 80 pesos di media, quella a LED fino a 300 pesos“. Un livello di prezzo che, comunque, è previsto dimezzarsi già nei prossimi 24 mesi, garantendo una maggiore penetrazione della tecnologia e un suo utilizzo diversificato nel tessuto cittadino ed extraurbano. Una soluzione che da prospettive di crescita economica e sostenibile, anche se non mancano le voci critiche delle associazioni ambientaliste che puntano il dito verso alcune criticità insite nei semiconduttori dei dispositivi optoelettrici, accusati di provocare inquinamento luminoso e possibili danni agli occhi, per riduzione della funzione visiva (dovuta all’elevata luminanza). Sull’argomento sono in corso studi medici, come confermato dall’agenzia francese ANSES e dal nostro ministero della Salute, ma in linea di massima sembra che la tecnologia in questione sia davvero un valido sistema d’illuminazione in grado di garantire sostenibilità, basso impatto ambientale (a patto che venga inserita integralmente nel circuito del riciclo) e ridotti rischi per la salute umana.
E in termini di sostenibilità ambientale delle nostre attività, sempre in Messico, il Governo ha annunciato nei giorni scorsi, in occasione del 14° Congreso Internacional de Arquitectura Arquine, un nuovo piano per Città del Messico, che diventerà metropoli verde e sostenibile, a partire da nuovi modelli di edilizia intelligente e dalla partecipazione di tutti gli studenti di architettura della Capitale, chiamati a presentare progetti urbanistici innovativi e orientati al ‘verde’. E proprio da questo colore parte il nuovo corso messicano e i primi piani per Smart city locali. Un metro quadro di copertura vegetale delle superfici dei palazzi è in grado i assorbire circa 130 grammi di polveri sottili all’anno, restituendo ossigeno e riciclando gas nocivi e metalli pesanti.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne è sicura: aumentando la copertura verde delle città si ottiene la riduzione della CO2, dell’inquinamento acustico e della temperatura media, con ricadute estremamente positive per la salute dei cittadini (in termini di malattie all’apparato respiratorio, della pelle e degli occhi, oltre che di stress) e della biodiversità. Ogni abitante dovrebbe disporre in una città intelligente di almeno 10-15 metri quadri di copertura erbosa/vegetale del suolo e degli edifici cittadini. Non si tratta di un obiettivo impossibile da raggiungere, fanno notare dal Congresso di Città del Messico, perché se non si può ottenere a livello del suolo, si possono sempre sfruttare le superfici verticali dei palazzi.
Sono già tante le soluzioni idroponiche disponibili, cioè coperture vegetali ottenute in assenza di terra e in grado di attecchire velocemente e crescere su una struttura isolante, rispetto le pareti, che impedisce l’azione dannosa sul muro di umidità e radici. Altrimenti, dai laboratori dell’Università Politecnica della Catalogna-Barcelona Tec è pronto per l’uso il cosiddetto cemento verde o biocemento, progettato per supportare la crescita di alcune famiglie di alghe, funghi e muschi, che in 12 mesi circa ricoprono di florida vegetazione interi edifici, con ottimi risultati estetici e in termini di salute ambientale e vivibilità della città: farà meno caldo, l’aria sarà decisamente più pulita e le persone saranno meno stressate.
(f.f.)