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Tutto nasce da un allarme lanciato in rete qualche giorno fa, con cui si puntava il dito contro il Governo degli Stati Uniti e la possibilità di libero accesso ai dati memorizzati nei server cloud del Paese. Una notizia che ha messo sul chi va là un gran numero di privati, cittadini e aziende, che ormai utilizzano sempre di più i servizi di conservazione dati su piattaforme di cloud computing.
Un nuovo studio IDC ha voluto fare chiarezza sulla questione, esortando gli utenti a non prendere per vere certe informazioni: “Sono storie di fantasia create ad arte per spaventare le persone“. Insomma, il cosiddetto Patriot Act, che richiama nel nome l’atto legislativo del Governo americano del 2001 contro ogni forma di terrorismo internazionale, non sarebbe mai esistito.
Il fantomatico provvedimento, stando alle chiacchiere in rete, poneva il Governo USA al di sopra della legge per motivi di ordine pubblico e di allarme terrorismo, con la possibilità di aprire i data base dei provider di cloud service alle agenzie di intelligence per la ricerca di informazioni sensibili su potenziali minacce alla Nazione. Visto che la maggior parte di tali fornitori di servizi si trovano negli Stati Uniti, in molti hanno dato credito all’allarme privacy che gravava sui dati personali.
Secondo David Bradshaw, ricercatore IDC per l’area dei servizi di cloud pubblico in Europa, “non c’è assolutamente motivo di temere di essere spiati da qualsivoglia agenzia governativa“. ” I dati conservati nei database americani sono assolutamente protetti dalla legge e da qualsiasi occhio indiscreto“, ha spiegato lo studioso, “Nessuno, agenzie governative comprese, può accedere liberamente ai dati di un privato senza previa autorizzazione di una Corte di giustizia“.