VINTI
Assolutamente in controtendenza rispetto al resto d’Europa (soprattutto Germania, Francia e Gran Bretagna il Portogallo ha formalmente depenalizzato il reato di violazione di copyright per “uso personale di file peer-to-peer” di natura multimediale: video e audio (quindi anche contenuti cinematografici e musicali). Sostanzialmente il P2P non finalizzato al guadagno è legale secondo la Procura di Lisbona.
Una vicenda che dura da più di un anno e che a questo punto ha finito per turbare profondamente i membri dell’Associazione per il commercio audiovisuale di opere culturali e di intrattenimento (ACAPOR), che non comprendono il senso della sentenza e criticano aspramente la nuova sentenza.
“Credo che con questa decisioni il procuratore abbia sostanzialmente evitato di fare il suo lavoro – ha tuonato Nuno Pereira, presidente ACAPOR – cioè spedire migliaia di lettere per ascoltare e giudicare tutti coloro che hanno violato la legge sul nostro territorio consumando contenuti audiovisivi in maniera illecita. Così si mette in ginocchio l’intera industria nazionale“.
In effetti, con quanto accaduto venerdì scorso, si è chiusa una procedura partita in procura dodici mesi fa con il deposito degli indirizzi IP di 2000 utenti, accusati dall’Acapor di aver condiviso file protetti da copyright. Ma proprio su questi ultimi il magistrato non ha voluto sentire ragione, perché “non sempre l’intestatario della linea ADSL e l’utilizzatore sono la stessa persona“.
Per la procura, inoltre, “non c’è alcun dubbio che il diritto d’autore è sempre secondario rispetto al diritto di accesso alla cultura, all’istruzione e alle opere artistiche, nonchè alla libertà d’espressione e alla privacy“. “L’indirizzo IP non è una persona“, quindi non identifica nessuno, si legge nella motivazione della decisione.
L’unico modo per impedire una maggiore diffusione del P2P di opere protette da copyright è che ogni singolo autore renda noto di “non autorizzare la condivisione di opere tramite copia/uso personale“.