VINTI
In Italia sono 21 milioni gli iscritti a Facebook, di cui 13 milioni attivi giornalmente e 7,5 milioni che vi accedono da rete mobile. Più in generale sono circa 28 milioni gli internauti che per piacere e lavoro navigano il grande web.
Significa che poco meno di un quinto degli italiani, quotidianamente, ha il suo bel da fare sul più grande social network del mondo, scrivendo messaggi, chattando, postando articoli e giocando. Tra le azioni preferite non poteva mancare la conoscenza di nuove persone e il flirtare con quelle già in lista come ‘amiche’.
Secondo i dati pubblicati sul sito dell’AMI, Associazione degli Avvocati Matrimonialisti Italiani, nel nostro Paese almeno il 20% delle crisi coniugali che arrivano in Tribunale sono causate da Facebook (80% del totale) e da Twitter (20%). Si tratta di un fenomeno denunciato l’anno scorso dall’associazione degli avvocati matrimonialisti degli USA e che, ha commentato l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’AMI: “Trova riscontro anche in Italia, con le reti sociali che sono diventate tra le cause più frequenti di infedeltà coniugale e di separazioni/divorzi“.
“Le infedeltà riguardano coppie di tutte le età, anche quelle sposate da trent’anni e più. Facebook è virtuale solo all’inizio del rapporto – ha spiegato Gassani – ma è poi occasione di incontri reali. Secondo il Centro Studi dell’AMI, infatti, il 70% sono ‘solo’ scappatelle, mentre il 30% diventano vere e proprie storie durature e parallele“.
Spesso in Tribunale sono portate le prove di messaggi compromettenti scambiati sui social network e sempre più spesso è evidente, dalle carte processuali, che una conseguenza non secondaria di questi eventi risulta essere il commercio di software per risalire alla password del coniuge iscritto su Facebook o Twitter.
“Da un punto di vista geografico – conclude la riflessione di Gassani – non sembra vi siano differenze sostanziali e nel Sud si tradisce su Facebook come nel Nord“.