VINTI
La drammatica e lunga catena di suicidi avvenuti negli impianti cinesi della Foxconn, la più grande azienda fornitrice di componenti elettroniche per smartphone, tv e tablet, e gli scioperi di questi giorni per chiedere salari più alti e condizioni lavorative più dignitose, hanno spinto alcune grandi compagnie internazionali a rivedere le proprie politiche in termini di outsourcing.
La Apple ha infatti deciso di aprire le porte delle proprie aziende fornitrici di pezzi per iPhone e iPad alla Fair Labor Association (FLA), organizzazione nata nel 1999 con l’obiettivo di monitorare i luoghi di lavoro a livello globale constatandone la qualità e il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e del lavoratore.
Delocalizzare impianti lì dove la manodopera costa meno e il peso delle imposte è quasi inesistente ha spinto molte aziende occidentali ad andare a produrre direttamente nei Paesi del Sud Est asiatico, del Sud America e dell’Europa dell’Est, o ad appoggiarsi a fornitori locali del tutto insensibili alla questione dei diritti dei lavoratori.
La stessa Apple ha fornito i dati ufficiali relativi alla propria supplì chain, costituita da 156 aziende che producono i gioielli di Cupertino. Nel corso di 230 audizioni, sono state scoperte numerose violazioni dei più elementari diritti. Cosa che ha spinto la Apple ha sollecitare tali aziende per fare in modo che i bambini e gli adolescenti tornino a scuola, invece di lavorare per 10 ore in fabbrica. In alcuni casi le ore lavorative eccedevano anche le 60 settimanali.
L’azienda ha chiesto inoltre, a tutti i suoi partner commerciali, che sul luogo di lavoro nessuno venga discriminato per sesso, etnia e ruolo, in relazione alle numerose denuncie ai gruppi per i diritti civili relative a decine di casi di discriminazione che hanno visto le donne vittime di abusi di ogni tipo.