VINTI
Fine settimana ad alta tensione su internet, con migliaia di attacchi informatici portati da Anonymous contro molteplici bersagli in rete, sia istituzionali, sia aziendali. Tutto ha preso il via dall’arresto da parte dell’FBI di Kim Dotcom, patron di Megavideo/Megaupload, una delle più usate piattaforme per lo streaming/download illegale di contenuti cinematografici, e non solo, subito dopo resa inaccessibile al pubblico.
Per la legione Anonymous si è trattato di un fatto gravissimo, di un attentato alle libertà di internet portato avanti dalla grande industria del consumo e dalla mano armata delle majors. “If Megaupload is down, you are down too”, è stata la minaccia a cui hanno fatto seguito gli attacchi del fine settimana. Nelle ultime 72 ore sono stati colpiti diversi siti web, tra cui quelli dell’FBI, della CBS, della Universal, del Dipartimento di Giustizia americano, della Riaa e della Mpaa (potentissime associazioni delle industrie discografiche e cinematografiche USA) e della francese Vivendi. Quest’ultima accusata dagli hacker di far parte, assieme ad altri, del gruppo di compagnie e multinazionali colpevoli di aver minato seriamente la libertà di accedere alla conoscenza online e di aver censurato internet.
Attacchi molto vasti, nel numero e negli attivisti che vi hanno preso parte, che hanno consentito ai militanti Anonymous di mettere fuori uso, oltre siti già citati, anche quelli di Warner Music, US Copyright Office, Federazione Antipirateria belga, HADOPI, Casa Bianca e della BMI, per citare i nomi più celebri. Durante la giornata di sabato sono stati disponibili in rete, per un breve lasso di tempo, i dati personali del capo della FBI, Robert Muller.
Attacchi informatici di tipo DDoS che mirano a mandare il crash il sito oggetto dell’azione per troppi contatti. Così elevato è stato il numero di hacker e attivisti di rete che vi hanno preso parte che tutti gli attacchi DDoS (distributed denial-of-service) sono andati praticamente a buon fine.
Ma chi c’è dietro ad Anonymous? Secondo le forze di Polizia e gli esperti del web si tratterebbe di una vasta platea di giovani e giovanissimi animati da confusi riferimenti ideologici, che vanno dagli anni Settanta del secolo scorso ai nuovi movimenti eco-libertari, ma caratterizzati dall’unione di protesta politica ad elevate competenze nella gestione dei device di comunicazione elettronica.
Una rete globale di attivisti politici e di hackers che ha conquistato la prima pagina dei media subito dopo l’arresto di Julian Assange e il blocco delle donazioni a WikiLeaks, ma che l’irrigidimento delle sanzioni antipirateria americane (come il tanto discusso progetto di legge Stop Online Piracy Act, o più conosciuto con l’acronimo SOPA) e la chiusura di siti web come The Pirate Bay a suo tempo ed oggi di Megavideo, Filesonic, Fileserve,Wupload, Mediafire, Uploaded, File jungle, potrebbe certamente rendere ancora più popolare.
L’FBI ci ha messo anni a portare avanti le indagini, ma grazie al Digital Millennium Copyright Act (DMCA), approvato durante l’amministrazione Clinton nel 1998, che permette all’autorità di eliminare un servizio tecnologico che diffonde contenuti protetti, ora possono cominciare a raccogliere i frutti di tale lavoro. Il SOPA sarà dunque la fine della pirateria informatica e multimediale?