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CISCO: accuse da dissidenti cinesi e gruppi per i diritti civili, ‘Favorisce sfruttamento e repressione’

VINTI

In due distinte azioni legali, condotte da tre dissidenti cinesi e un’associazione per i diritti civili, Cisco compare sul banco degli imputati con la scomoda accusa di favoreggiamento dello sfruttamento del lavoro e, addirittura, di prigionia e tortura. Un’accusa terribile, sia da un punto di vista umano, sia di immagine per l’azienda americana fornitrice di soluzioni tecnologiche di rete.

Lavorare in Paesi controllati da regimi autoritari e anti-democratici è sicuramente conveniente per le grandi multinazionali occidentali, ma le espone sempre più spesso ad accuse molto pesanti: sfruttamento del lavoro, paghe da fame, torture, percosse, prigionia, vessazioni di ogni tipo e molto altro.

E’ già accaduto a Yahoo! nel 2007, che alla fine ha trovato un accordo molto costoso per mettere a tacere le voci relative ad un suo coinvolgimento nella persecuzione di numerosi dissidenti politici. Il problema ravvisato dagli accusatori, oltre ai rapporti commerciali con aziende che operano in questi Paesi, per la fornitura di componenti e servizi e che palesemente non rispettano alcuno dei diritti umani e civili più elementari, è nell’utilizzo di determinate tecnologie da parte di organi governativi in pratiche a dir poco anti-democratiche.

Ed è ciò di cui Cisco è accusata, in una prima causa presentata a maggio scorso dalla Human Rights Law Foundation di Washington presso la Corte Distrettuale di San Jose in California. Qui Cisco è stata tirata in ballo per aver fornito tecnologie alla Cina utilizzate palesemente con finalità repressive. Una seconda, invece, presentata presso la Corte Distrettuale del Maryland, vede l’azienda californiana sospettata di aver contribuito in qualche misura all’arresto e alla detenzione di tre dissidenti cinesi: Du Daobin, Zhou Yuanzhi e Liu Xianbin.

Una situazione molto critica da cui può scaturire una reazione a catena sfavorevole, pubblicamente ed economicamente, per Cisco, che già ha presentato conti trimestrali poco incoraggianti e una diminuzione delle quote di mercato in diversi segmenti industriali, a vantaggio di concorrenti come Avaya e Dell.

In molti, tra avvocati e gruppi per la difesa dei diritti civili e democratici in tutto il mondo e negli USA, hanno messo gli occhi su questi due processi. Per la prima volta c’è la possibilità concreta di condannare un’azienda di grande prestigio per complicità nelle violazioni dei diritti umani commesse in diverse regioni del mondo. Progettare, costruire e vendere tecnologie avanzate per le comunicazioni e le telecomunicazioni digitali, senza badare a chi le compra, magari Governi senza scrupoli, potrebbe essere valutato come comportamento penalmente perseguibile.

Il direttore delle comunicazioni per l’area Asia-Pacifico di Cisco, David Cook, ha commentato così la notizia, cercando di motivare le difese dell’azienda: “Le nostre soluzioni tecnologiche hanno finalità commerciali e aziendali, sono utilizzate per facilitare la comunicazione e la circolazione di informazioni e ciò che vendiamo in Cina è venduto anche in Europa e negli Stati Uniti. Non possiamo sapere per quale altre finalità possano essere utilizzati i nostri prodotti, ne se organi istituzionali corrotti li usino al di fuori della legge per arrestare e torturare“.

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