eSECURITY: un impiegato su due nel Regno Unito pronto a vendere dati aziendali

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VINTI

Sconvolgenti i dati raccolti in un’indagine condotta da Harris Interactive e SailPoint, su un campione di 3400 dipendenti negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Australia, secondo cui vendere i dati sensibili della propria azienda a terzi non è visto come un reato o comunque un’azione illecita, ma quasi un “lavoretto per arrotondare”.

Molti di questi ha ammesso, in prima battuta, di aver fatto uso, “in qualche modo”, di dati riservati relativi all’azienda in cui lavoravano e che venderne un po’ sarebbe stata un’ottima idea per guadagnare qualche soldo in più. I tempi di crisi economica aguzzano l’ingegno, ma in questo caso si tratta di sottrazione indebita di dati aziendali, il che non è consentito dalla legge.

Il 22% degli americani, il 29% degli australiani e il 48% degli inglesi si dicono, nelle risposte fornite all’indagine, molto favorevoli ad un qualche utilizzo dei database aziendali, anche se illecito, come la vendita clandestina a terzi. Infatti, sempre secondo i dati elaborati da SailPoint, il 10% degli americani, il 12% degli australiani e il 27% dei britannici si dicono pronti a fornire dati ad un estraneo in cambio di soldi, magari rubandoli prima di essersi licenziati (come sostenuto rispettivamente dall’8%, dal 9% e dal 24% degli intervistati).

In molti (5%, 4% e 24%) hanno indicato, inoltre, come canale migliore per la vendita di dati la rete, internet, uno strumento in cui è possibile, con le dovute accortezze, muoversi in totale anonimato ed in maniera veloce e pulita, lasciando poche tracce di sè e delle operazioni.

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