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JULIAN ASSANGE: per tribunale britannico fondatore WikiLeaks va estradato in Svezia, rischia fino a 4 anni di carcere

VINTI

Approvata dai giudici inglesi della Corte di giustizia di Belmarsh, a Londra, l’estradizione in Svezia per Julian Assange, uno dei fondatori di WikiLeaks, che ora rischia fino a 4 anni di carcere. Una sentenza che accoglie quanto chiesto da tempo dalla procura svedese che vuole processare Assange per violenza sessuale. I fatti risalgono all’estate scorsa, quando il giornalista australiano, di passaggio nel Paese scandinavo, avrebbe abusato secondo l’accusa di due volontarie di WikiLeaks.

Le stesse donne avrebbero poi raccontato di come il fondatore di WikiLeaks le avesse molestate e quindi violentate. Sono ora diversi capi di accusa che pendono sulla sua testa, tra cui lo stupro che in Svezia può portare in carcere fino a 4 anni. Una vicenda torbida su cui i giornali hanno scritto molto e che vede l’opinione pubblica dividersi tra chi pensa ad un complotto ordito dagli USA e da altri Governi di tutto il mondo, e chi invece lo vede colpevole di uno dei reati più odiosi, cioè la violenza sessuale. Agli avvocati dell’attivista australiano restano sette giorni di tempo per presentare ricorso all’Alta Corte britannica.

I dubbi dei legali sono pochi in proposito, gridando alla sua innocenza (le donne erano consenzienti all’inizio del rapporto sessuale e il reato di ‘violenza carnale non aggravata‘ suona un po’ strano) e richiamando l’attenzione della stampa sul pericolo che il 39enne australiano possa essere giudicato anche negli Stati Uniti, ma per motivi diversi e conseguenze ben peggiori. Giorni fa l’avvocato Geoffrey Robertson dichiarava: “Se fosse trasferito negli Stati Uniti, senza assicurazioni sul suo stato di detenuto, c’è un rischio reale che possa essere applicata la pena capitale prevista per lo spionaggio“. Gli USA hanno, infatti, giurato vendetta per la diffusione incontrollata di cablogrammi segreti relativi ai dispacci diplomatici provenienti da tutto il mondo e Assange è il nemico pubblico numero uno ormai, da fermare ad ogni costo sembra.

Mentre Hillary Clinton saluta le rivolte in Nord Africa, come sintomo evidente della forza dei social network di esaltare la libertà di espressione e il diritto ad avere opinioni libere da ogni condizionamento, allo stesso tempo il Governo americano ha presentato ad un tribunale in Virginia la richiesta d’ingiunzione per ottenere da Twitter i nominativi di coloro che appoggiano l’organizzazione internazionale WikiLeaks. Richieste simili sono arrivate anche allo staff di Facebook, Google e Skype.

Julian Assange potrebbe a questo punto chiedere asilo politico in Svizzera e portare in terra elvetica l’intera macchina WikiLeaks. Nel frattempo Anonymous, lega internazionale di cyber attivisti, ha deciso di portare avanti la sua guerra informatica a tutti quei Governi, banche, istituti di credito, media e organizzazioni che hanno deciso di boicottare e rendere inattiva WikiLeaks, a cui di fatto sono stati tagliati tutti o quasi i canali finanziari.

 

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