CENSURA: il web sfida Pechino, ‘125 milioni di utenti abbracciano il microblogging, nonostante i controlli’

di Flavio Fabbri |

VINTI

Quello che sta accadendo negli ultimi giorni e in queste ore in tutto il Nord Africa e in Medio Oriente è ormai chiaro a tutti essere conseguenza diretta anche della diffusione inarrestabile di Internet, dei siti di social network e di microblogging. È su Twitter e altri piccoli siti per l’invio di messaggi a 140 caratteri che si è combattuta e si sta portando avanti la drammatica guerra contro il potere, la censura i governi corrotti. Una guerra per la democrazia, l’autodeterminazione dei popoli, l’innovazione e l’ammodernamento di società per troppo tempo tenute sotto il torchio di regimi spesso sanguinari.

Mentre la sorpresa opinione pubblica dei Paesi occidentali guarda incredula a quanto accade in Egitto, Tunisia, Algeria, Libia, Iran, Yemen, Bahrain e Giordania ancora in pochi si soffermano a riflettere che uno dei Paesi dove attualmente la censura è più forte e il controllo dei mezzi di comunicazione più rigido è la Cina. Una nazione in cui un terzo della popolazione ha accesso a Internet (oltre 450 milioni di utenti) e allo stesso tempo nel 2010 la Polizia ha chiuso di forza oltre 60.000 siti web, condannando 1.300 persone a svariati anni di carcere.

Sotto la coltre della censura e del controllo poliziesco di Internet, però, in molti non demordono e non si accontentano di ‘accedere’ semplicemente al web, affidandosi ai tanti siti clone di Twitter che in Cina si muovono sul filo di quella che Pechino definisce legalità.
Sono 125 milioni gli utenti cinesi di siti di microblogging che, sfidando il potere del Governo centrale, cercano di confrontarsi sui grandi temi della globalizzazione, della finanza e, soprattutto, delle libertà civili e democratiche.

Una battaglia tutta interna al grande Paese asiatico che si intreccia inevitabilmente con quella dei Paesi nordafricani e medio orientali. I siti di microblogging cinesi possono sempre, da un momento all’altro, vedersi revocare la licenza online e dover chiudere i battenti. Condizione difficile che porta gli stessi utenti ad un atteggiamento pacato e molto vicino all’autocensura.

Certo, è difficile immaginare che una macchina tanto ben oliata come quella della censura possa contenere e intimidire una massa così enorme di utenti e in continua crescita per giunta. Infatti, repressione mediatica e informatica a parte, il popolo del microblogging, come quello di Sina.com, alla fine trova sempre il modo di aggirare i controlli e di mandare messaggi in codice e contenenti rimandi obliqui, come li definisce Li Yonggang, esperto di Internet Society alla Nanjing University, ad altri siti e materiale di approfondimento.

La stessa Hillary Clinton, segretario di Stato USA, ha fatto riferimento ieri alla Cina e al suo rigido controllo della rete: “Un dilemma per la dittatura che presto porterà il Paese asiatico a fare i conti con una realtà molto più sfuggevole e difficile da trattare che è quella del web”. “L’opinione pubblica di Internet è un maglio col quale tutti i Governi del mondo, prima o poi, dovranno trattare“, ha aggiunto la Clinton. Pensieri nobili e assolutamente condivisibili, peccato che sempre nella giornata di ieri è arrivata la notizia della richiesta perentoria del Governo USA a Twitter, tramite ingiunzione presentata al Tribunale della Virginia, di consegnare i nominativi di tutti coloro che in qualche modo sono e sono stati vicini al sito di Wikileaks. Un’occasione per ribadire che quando si parla di libertà di pensiero e di diritto ad esprimere le proprie idee vale sempre il detto “due pesi, due misure”.
 

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