VINTI
Chiusa la vicenda giudiziaria che ha visto contrapporsi per mesi FAPAV e Telecom Italia, intorno alla responsabilità di chi doveva effettuare controlli, procedere con il cosiddetto ‘warning’ e quindi sospendere il servizio ai ‘pirati’ per contrastare il download illecito da Internet di materiale protetto da copyright. Il Tribunale di Roma, con una sentenza molto chiara, ha espresso il divieto assoluto di raccolta dati sugli utenti che scaricano materiale dal web, anche se illecitamente, e ribadisce l’assoluta competenza dell’autorità giudiziaria nel giudicare e sanzionare ogni violazione di legge.
La FAPAV, Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva Italiana, nei mesi passati aveva cercato in ogni modo di coinvolgere Telecom in operazioni antipirateria più accurate, chiedendo all’ex monopolista, in maniera piuttosto forte, di consegnare le liste di coloro che avevano effettuato download illegale. Il provider, in virtù della legge sulla privacy in vigore e ritenendo il ruolo di polizia della rete non conforme alla sua natura di fornitore di servizi, non ha mai accettato tale invito.
Questo non ha certo fermato la FAPAV che, annunciando più volte di avere in mano tali nominativi, ha comunque proceduto alla diffida di Telecom, rea di non aver provveduto al distacco del servizio. La recente sentenza del Tribunale di Roma fa però carta straccia della diffida in questione e ribadisce che provvedimenti di questo tipo sono di esclusiva competenza dell’autorità giudiziaria e che Telecom non avrebbe in nessun caso potuto interrompere il servizio, perché non è responsabile dei dati che si trasmettono in rete.
La FAPAV, dal canto suo, sostiene che “non tratta, non ha trattato, e non ha chiesto ad alcuno di trattare dati personali di utenti della rete“, ma che al contrario ha solo “evidenziato dei dati statistici aggregati relativi al numero di download illegali dei film appena usciti nelle sale o anche prima della loro uscita pubblica“, cercando di informare e rendere conto al pubblico e a chi lavora in rete di quanto la pirateria informatica sia diffusa e operi nell’impunità.