VINTI
Mentre la guerra tra Pechino e Google si nutre di sempre nuovi capitoli, l’ennesima scure censoria si abbatte sulla rete Internet del paese asiatico. Dopo che Google ha sposato i suoi server ad Hong Kong, reindirizzando quindi il traffico verso il sito Google.com.hk, si era pensato ad una possibile tregua o calma apparente, ma evidentemente questa mossa non è bastata e la censura ha colpito inesorabile. Da ieri, infatti, non sono più rintracciabili su tutta la rete cinese, compresa l’enclave amministrativa di Hong Kong, le parole Dalai Lama e Amnesty International.
Due notizie tra le tante, in realtà, bloccate sul web dal governo cinese, che in questo modo impedisce a chiunque sul territorio nazionale di trovare informazioni sul leader della comunità tibetana o sull’associazione internazionale per i diritti umani e civili. Ulteriori ricerche online hanno messo in evidenza che i termini censurati sono in realtà molti di più, tutti riferite al mondo della politica e dell’attivismo sociale.
Articoli e documenti su dissidenti come Liu Xiaobo, sul ragazzo che sfidò i carri armati in piazza Tien An Men e sulla setta religiosa Falun Gong, ad esempio, non sono più reperibili da giorni su Internet. La lunga battaglia per imbavagliare il web e limitare le libertà della rete continua ormai senza sosta nella Cina del XXI secolo, dallo scorso anno in prima fila nella censura di moltissimi siti di blogging e di contro-informazione.