VINTI
Come annunciato tempo fa dal ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, è arrivato il momento di passare al digitale anche per i certificati di malattia dei dipendenti. La certificazione dello stato di malattia, come stabilito nella Circolare n.1/2010 del Dipartimento per la digitalizzazione e l’innovazione, deve essere trasmessa telematicamente dall‘Inps, dal medico o dalla struttura sanitaria pubblica che lo rilascia, secondo le modalità stabilite. Una volta ricevuto il certificato l’Inps lo invia immediatamente, sempre per via telematica, all’amministrazione di appartenenza del lavoratore.
L’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta il licenziamento o, per i medici convenzionati, la decadenza dalla convenzione. Sembrerebbe tutto chiaro, ma non è così, stando al comunicato diramato dal segretario nazionale della Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), Giacomo Milillo, che stamattina ha inviato una lettera ai quasi 30 mila iscritti della Federazione per esprimere la sua preoccupazione. “Dal 3 aprile i medici di famiglia italiani – si legge nella nota diffusa oggi – potrebbero non essere più in grado di garantire la certificazione per malattia per almeno un milione di lavoratori dipendenti pubblici e privati ogni mese se non si troverà una soluzione per dare una corretta interpretazione alla nuova normativa sulle certificazioni online“.
I problemi sono relativi alla definizione delle modalità tecniche per la predisposizione e l’invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al Sac, il sistema di accoglienza centrale, l’infrastruttura tecnologica del Ministero dell’economia e delle finanze, che consente la ricezione dei dati delle ricette mediche e dei certificati di malattia trasmessi in via telematica dagli utenti. “In particolare – sottolinea Milillo – si esprime preoccupazione per le certificazioni per malattie brevi, che molto risentono del rapporto di fiducia e della conoscenza dei problemi di salute del paziente, spesso in assenza di segni e sintomi obiettivabili. Neppure possiamo ipotizzare che, conoscendo i ritardi e le carenze del sistema informativo nazionale, in tempi brevi e con propri mezzi i medici di famiglia italiani possano essere messi in grado di dare attuazione pratica a quanto disposto dal decreto in oggetto“.