VINTI
La polizia indiana ha dato il via ad una vasta operazione di individuazione di tutte quelle connessioni wireless della città di Mumbai non ancora adeguatamente protette da password, fornendo assistenza agli utenti e, nei casi più gravi, perseguendoli in termini di legge. Lo prevede espressamente il codice di procedura penale indiano, che punisce questo tipo di disattenzione secondo le norme dell’articolo 149, nello specifico riguardante il favoreggiamento di reato. Stato di polizia? No, o almeno non ancora, ma molto ovviamente hanno giocato la paura e il terrore provocati dagli attentati di Mumbai nel novembre 2008.
Utilizzando le reti wifi aperte, infatti, i terroristi sono riusciti ad inviare mail di rivendicazione e di minacce che apparentemente risultavano essere state inviate da cittadini del tutto estranei alle drammatiche vicende. Si è rilevato, ad esempio, come sia stata inviata una mail di minacce prima delle esplosioni di Ahmedabad attraverso la connessione di un cittadino americano, Kenneth Heywood, residente nella zona di Navi Mumbai. Potendo collegarsi a router di ignari cittadini, i terroristi o altri malviventi possono scambiarsi così informazioni e materiali che poi risultano di difficile intercettazione da parte delle Forze dell’Ordine. Basterà una semplice password?