VINTI
Il 33 per cento del web è inaccessibile ai cittadini cinesi attraverso un motore di ricerca. Questo il panorama tracciato dallo studio ‘Search Monitor Project’, condotto dall’osservatorio di cittadinanza digitale Citizen Lab dell’Università di Toronto, sulle pratiche censorie operate dai motori di ricerca. Sui 393 siti presi come punto di riferimento, 130 si sono dissolti nei risultati con almeno uno dei motori presi in esame.
Il problema paradossalmente non è l’adeguarsi dei motori di ricerca alle indicazioni censorie di Pechino, perché in realtà non c’è nessuna lista nera, ne disposizioni ufficiali governative. Sono gli stessi Google, Yahoo, Baidu e molti altri Engines ad auto-censurarsi per non attirare l’attenzione sgradita delle autorità cinesi.
Risultato, tra le pagine più censurate ci sono proprio i siti di notizie che potrebbero garantire ai cittadini cinesi la possibilità di esercitare il proprio diritto ad informarsi, di prendere parte in maniera responsabile e partecipativa alla società civile.