VINCITORI
Sono oltre 900 milioni gli utenti di Facebook e non è semplice distinguere chi tra questi è un potenziale amico o eventualmente una minaccia. Un nuovo software, che lavora in maniera automatica nella ricerca di conversazioni considerate sospette e pericolose, come nel caso di azioni terroristiche e comportamenti violenti nei confronti dei membri della rete, potrebbe dare una mano nel prevenire ogni tipo di rischio per l’incolumità delle persone che vivono quotidianamente su Facebook.
Un sistema di prevenzione pensato anche per affrontare le reti di pedofili, purtroppo sempre più attive sul social network. Il programma, infatti, filtra ed individua i contenuti considerati pericolosi a partire da parametri che cercano di valutare i rapporti tra gli utenti che interagiscono sulla rete: differenze di età, tipo di professione, luoghi di svago frequentati, residenza geografica e altro.
La comunicazione del nuovo strumento di sicurezza in rete è avvenuta anche su Facebook, sulla pagina dedicata alle policy di sicurezza, con il commento di Joe Sullivan, responsabile security del social media: “La tecnologia che stiamo utilizzando avrà un basso impatto sui normali rapporti tra i membri della rete sociale, nostro obiettivo è la massima sicurezza di tutti e il controllo delle comunicazioni elettroniche a volte è necessario“. Della nuova tecnologia in dotazione alla rete di Mark Zuckerberg ne ha parlato per prima la Reuters, riportando la notizia dell’arresto di un adulto negli Stati Uniti che aveva fissato in chat un appuntamento con una bambina di soli 13 anni.
Ovviamente, un tale software non poteva che produrre anche molte critiche, soprattutto da parte di organizzazioni per la difesa della privacy e dei diritti civili. I dubbi intorno a tale sistema sono molti, come ad esempio il rispetto del diritto alla riservatezza delle comunicazioni, la tutela dei dati personali che vengono setacciati ed elaborati. Facebook avrebbe in tal modo mano libera nel monitoraggio di ogni messaggio e comunicazione, senza che si sappia con esattezza che fine faranno tutti questi dati e chi sarà preposto alla loro conservazione.
Si può chiedere a tutti gli utenti un ulteriore passo indietro in termini di diritto alla privacy in nome di una maggiore sicurezza collettiva? È questo il quesito posto dalle associazioni americane che per prime hanno deciso di dare battaglia al gigante del web, senza contare il grado di infallibilità che tale software vanta e che al momento non può provare.