VINCITORI
Quando un governo decide di mettere il bavaglio ai mezzi di informazione significa che ha qualcosa da nascondere o che mira ad indebolire i diritti civili e democratici di un’intera nazione. Succede in tutte le dittature contemporanee e anche in molti Paesi che si considerano democratici ed avanzati.
In Egitto, ad un mese dalle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento (28 novembre 2010), accade che il Governo tenti in ogni modo di limitare il diritto di informazione e la libertà di espressione sui media, cerando di rendere ancora più rigidi i controlli governativi sui mezzi di comunicazione di massa e Internet. Senza l’autorizzazione del ministero dell’Informazione egiziano nessuna testata d’informazione, cartacea o digitale, può essere pubblicata e diffusa nel paese.
Da febbraio 2010, infatti, con il ritorno in patria di Mohamed ElBaradei, già direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), e la sua candidatura a leader dell’opposizione, le Istituzioni hanno irrigidito i controlli sui media, rei di aver reso pubblici casi di corruzione che vedevano coinvolti esponenti del Governo e della Polizia.
In un’intervista al Los Angeles Times, l’editore egiziano Hisham Kassem accusa il Governo del Cairo di pressioni e ingerenze indebite su oppositori, attivisti e giornalisti indipendenti operativi in tutto il paese. “Fortunatamente – ha affermato Kassem – il web e le reti mobili non sono così facili da controllare e blog e semplici sms riescono a bucare la maglia della censura governativa“.
In Egitto si vendono più di 1 milione di giornali, tra quotidiani e riviste, e sono 60 milioni gli abbonamenti alla rete mobile. “Cercare di controllare tutto questo – ha sottolineato Kassam – è assolutamente impossibile per il Governo egiziano“. Lo stesso Kassam, negli anni passati, per aggirare la censura nel suo paese, pubblicava un giornale d’opposizione a Cipro che poi faceva arrivare al Cairo, eludendo così i già rigidi controlli imposti dal governo.