Dal centro di Ricerca di Zurigo microtecnologie d’avanguardia per raffreddare i chip surriscaldati

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COMUNICATO STAMPA


Al BroadGroup Power and Cooling Summit, i ricercatori IBM hanno presentato una nuova tecnologia per migliorare il raffreddamento dei microprocessori, un’esigenza che diventa sempre più pressante dal momento che aumenta la quantità di calore rilasciata dai processori, sempre più potenti, e cresce anche l’esigenza di energia  per la rimozione del calore.

La tecnica, dal nome “tecnologia dell’interfaccia ad alta conduttività termica“, consente un sostanziale progresso nella rimozione del calore rispetto ai metodi attuali e apre la strada allo sviluppo continuo di prodotti elettronici innovativi tramite l’utilizzo di chip potenti senza dover adottare sistemi complessi e costosi solo per il raffreddamento.

Dato che le prestazioni dei chip continuano a migliorare secondo la legge di Moore, un raffreddamento efficace dei chip è uno dei problemi cruciali per chi progetta  prodotti elettronici. La tecnica IBM descritta oggi è una delle tante esaminate dagli esperti dell’IBM Zurich Research Laboratory per risolvere il problema.

I prodotti elettronici sono in grado di fare cose sorprendenti, soprattutto per la presenza di chip potenti al loro interno“, ha affermato Bruno Michel, manager del gruppo di ricerca Advanced Thermal Packaging presso il laboratorio di Zurigo di IBM. “La nostra tecnologia di raffreddamento dei chip è solo uno strumento a nostra disposizione per aiutarli in questa direzione“.

L’approccio utilizzato da IBM affronta il problema dal punto di connessione tra il chip surriscaldato e i vari componenti di raffreddamento attualmente utilizzati per la rimozione del calore, tra i quali i dissipatori di calore. Su questa interfaccia vengono generalmente applicate paste viscose riempite di particelle per garantire l’espansione e la contrazione dei chip dovute ai cicli termici. La pasta viene applicata in uno strato molto sottile per consentire un efficiente trasporto del calore dal chip ai componenti di raffreddamento. Eppure, uno strato troppo sottile tra i componenti di raffreddamento e il chip potrebbe danneggiare o addirittura provocare la rottura del chip se vengono utilizzate tecnologie convenzionali.

Con una microtecnologia sofisticata, i ricercatori IBM hanno sviluppato una capsula per il chip con una rete di canali ramificati ad albero sulla superficie. Il modello è stato ideato in modo che, quando viene applicata la pressione, la pasta si spande in modo molto più uniforme nel chip consentendo di ottenere la giusta uniformità con una pressione due volte inferiore e un trasporto del calore attraverso l’interfaccia dieci volte migliore.

Questa progettazione per il raffreddamento dei chip, unica ed estremamente efficace, è presa in prestito dalla biologia. In natura si possono trovare vari sistemi di canali gerarchici, ad esempio le foglie dell’albero, le radici o il sistema circolatorio dell’uomo. Questi sistemi sono in grado di servire grossi volumi con poca energia, il che è di fondamentale importanza per tutti gli organismi di dimensioni superiori a pochi millimetri. I vecchi sistemi di irrigazione dell’acqua sfruttavano questo stesso approccio.

Il prototipo presentato è uno dei risultati del massiccio impegno delle organizzazioni di Ricerca e Sviluppo di IBM per migliorare le performance di raffreddamento di generazione prossima e futura dei sistemi informatici.

Il problema del raffreddamento rappresenta una delle limitazioni più serie della prestazione totale dei chip. I chip a performance elevate di oggi generano già una potenza specifica pari a 100 Watt per centimetro quadrato, un ordine di grandezza superiore a quello di una comune piastra di cottura. I chip del futuro potranno raggiungere densità di potenza anche superiori, creando temperature di superficie prossime a quelle del sole quando non raffreddati (circa 6000 °C). Le tecnologie di raffreddamento attuali, basate soprattutto sulla convezione di aria forzata (ventole) che, sospinta attraverso i dissipatori di calore per mezzo di alette molto distanziate tra loro, raggiungono i propri limiti con la generazione di corrente di prodotti elettronici. A peggiorare le cose, il fatto che l’energia necessaria per raffreddare i sistemi informatici si avvicina rapidamente alla potenza utilizzata per i calcoli, quasi raddoppiando il fabbisogno energetico complessivo.

Guardando oltre i limiti dei sistemi di raffreddamento ad aria, i ricercatori di Zurigo stanno estendendo il concetto di progettazione del canale ramificato e stanno sviluppando un approccio nuovo e promettente per il raffreddamento ad acqua. Denominato impatto di getti diretto, questo nuovo approccio spruzza l’acqua sulla parte posteriore del chip e la risucchia in un sistema chiuso tramite 50.000 ugelli molto piccoli e una complicata architettura di ritorno ramificata ad albero.

Sviluppando un sistema perfettamente isolato, non esiste alcun timore che il refrigerante penetri nell’elettronica presente sui chip. Il team IBM è inoltre riuscito a migliorare le capacità di raffreddamento del sistema escogitando dei modi per applicarlo direttamente alla parte posteriore del chip ed evitare quindi il posizionamento delle interfacce termiche resistive tra il sistema di raffreddamento e il silicio.

I primi risultati di laboratorio sono impressionanti. La potenza di raffreddamento specifica può arrivare fino a 370 Watt per centimetro quadrato utilizzando l’acqua come refrigerante. Tale risultato è sei volte superiore ai limiti attuali delle tecniche di raffreddamento ad aria a circa 75 Watt per centimetro quadrato e, nonostante questo, il sistema utilizza meno energia di pompaggio rispetto agli altri sistemi di raffreddamento.

Didascalie

Schema dell’Interfaccia ad alta conduttività termica (HTCI):
La figura mostra uno schema a sezione trasversale dell’architettura di raffreddamento con l’interfaccia ad alta conduttività termica. Tra la capsula del chip e il chip surriscaldato viene introdotta una pasta che riduce la resistenza termica. Grazie a questi canali ramificati ad albero, l’architettura consente alla pasta di spandersi in modo estremamente omogeneo e di raggiungere uno spessore inferiore ai 10 micrometri. Con questa tecnica è necessaria una pressione due volte inferiore per applicare la pasta e si ottiene un duplice aumento nelle performance di raffreddamento.

Schema del Sistema di raffreddamento a getti (JAC):
La figura mostra uno schema a sezione trasversale del sistema di raffreddamento a impatto di getti diretto che elimina l’interfaccia termica. In questo caso il chip surriscaldato viene raffreddato direttamente da piccoli getti d’acqua. La tecnica utilizza un’architettura di ritorno distribuita con entrate e uscite alternate per gettare piccole quantità di acqua sul chip e risucchiarla di nuovo. I 50.000 canali hanno una larghezza che varia dai 30 ai 50 micrometri e sono realizzati grazie a una microtecnologia (MEMS). Con il sistema di raffreddamento a getti, è stata dimostrata una performance di raffreddamento fino a 370 W/cm2 utilizzando l’acqua come refrigerante.

Figura 1 (HTCI): primo piano del progetto del canale gerarchico ad albero di dimensioni micrometriche.

Figura 2 (HTCI): la figura mostra l’interfaccia ad alta conduttività termica dopo l’applicazione della pasta. Il modello della pasta viene dalla progettazione del canale gerarchico dell’interfaccia che ne controlla e ottimizza la diffusione.

Figura 3 (JAC): rappresentazione tri-dimensionale di un albero di entrata e di uscita simile al sistema vascolare dell’uomo.

Figura 4 (JAC): immagine scattata con un microscopio elettronico a scansione di una sezione trasversale dei getti e dei quattro strati gerarchici dei collettori (getti). Le frecce blu indicano il flusso dell’acqua.

Figura 5 (JAC): immagine di un modulo di raffreddamento a impatto di getti (in primo piano) e di un chip (in secondo piano) prima dell’assemblaggio. Il modulo è stato posizionato su un dissipatore di calore ad aria con alette in rame e un peso di vari chilogrammi. Questo dissipatore è necessario per ottenere una performance di raffreddamento sufficiente per chip dei computer di prossima generazione.
 

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