INTERVISTA
Abbiamo incontrato Gianluca Attura, amministratore delegato di Avaya, società numero uno al mondo nei mercati del VOIP. Attura è arrivato in Avaya un anno fa, con l’obbligo di rimettere ordine in una realtà difficile. Ceo giovane, con trascorsi in Accenture e Siemens, ma con una lunga residenza in USA per studio e lavoro, ha la fama di “uomo d’ordine” e non è venuto meno a questo requisito. Il risultato è che oggi Avaya corre con un passo diverso ed ha un nuovo posizionamento sui mercati italiani del VOIP. Abbiamo fatto visita ad Attura nel suo ufficio romano, parlando a lungo della sua passione nascosta: le immersioni subacquee nei mari tropicali a spiare gli squali…
K4b. C’è da imparare dai silenzi del mare e dalle mandibole degli squali? O è più periglioso navigare sui mercati nazionali dell’ICT?
Attura. Beh, per stare al gioco dovrei dirle che a volte ho meno paura ad andare sott’acqua per le mie immersioni nei mari tropicali.
K4b. Attura, l’Italia dell’ICT sembra avere più di un problema, mentre Lei a capo di Avaya Italia sembra oggi nuotare in acque tranquille.
Attura. Accetto la metafora, ma mi creda, quando mi sono tuffato le acque erano più che insidiose. Oggi Avaya ha completato un percorso di risanamento durato quasi un anno, riformulando procedure e motivazioni. E’ stata ristrutturata, ma oggi è un’azienda che corre.
K4b. Può anticiparci i risultati di fine anno?
Attura. La nostra policy aziendale globale non mi consente di dare dei numeri, ma posso confermare che oggi Avaya, dopo un percorso difficile e spinoso, va molto bene; sono molto soddisfatto dei risultati di questo rilancio, sostenuto da tutti i nostri dipendenti con grande spirito di gruppo. A ottobre saranno peraltro resi noti i risultati globali del nostro gruppo, che confermeranno l’assestamento di Avaya Italia come leader della regione Western Europe.
K4b. Eppure, inizialmente le avevano dato una bella gatta da pelare. Ma alla fine ce l’ha fatta, mettere ordine sembra essere la sua specialità…
Attura. Non esagererei. Diciamo che sono sempre pronto a rimboccarmi le maniche, là dove l’incarico comporti l’impegno a risolvere problemi di difficile soluzione. Diciamo che mi piace accettare la sfida.
K4b. Oggi Avaya è sempre più specializzata nell’offerta VoIP, ma non rischia di patire un’eccessiva verticalizzazione?
Attura. Avaya è una società che si occupa da oltre cento anni di telefonia. Qualcuno dice, scherzando, che è il nostro difetto. Ma a dirlo sono solo i nostri concorrenti. Al contrario, è il nostro pregio principale, lo facciamo come nessun altro al mondo e, mi creda, il VOIP è ben lungi dall’essere del semplice servizio voce su rete IP. L’offerta che noi facciamo comprende un articolato ventaglio di servizi avanzati indirizzati sia alla Pubblica Amministrazione che al mondo delle imprese, con il duplice obiettivo di assicurare da un lato un significativo contenimento dei costi, ma ancora di più, di guadagnare un nuovo modo di gestire le proprie procedure.
K4b. Nello scorso mese di giugno avete organizzato il “VOIP DAY 2008” che ha registrato una grande partecipazione di pubblico, in rappresentanza di tutta la PA italiana. Secondo lei, come risponde il Paese alla sfida del VoIP?
Attura. Il VOIP DAY 2008 che Lei ha citato è stato per noi un’occasione importante per verificare e rafforzare il solido rapporto che abbiamo costruito con la Pubblica Amministrazione italiana centrale e periferica. Certo, la condivisione della cultura dell’innovazione rappresenta un processo complesso che registra anche alcune sacche di resistenza, ma questo processo si sta affermandosi in tutta la PA italiana e l’imposizione per legge dell’adozione di soluzioni innovative come quella del VOIP è stata un’ottima intuizione che sta facendo da volano all’affermazione di un nuovo modo di lavorare in tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione italiana.
K4b. I servizi innovativi della PA richiamano aspetti importanti quali quelli legati alle emergenze, alla continuità di servizio in un Paese sismico come il nostro o alla sicurezza nazionale, per citare alcuni degli esempi più cruciali.
Attura. È vero e Avaya ha risposte positive a ciascuno dei quesiti che Lei ha implicitamente posto. Vorrei giusto citare alcuni esempi, per indicare qual è il nostro livello di qualità tecnologica cui facciamo riferimento. Il primo è quello della sperimentazione di servizi VoIP tra utenti in movimento, nella fattispecie tra aerei in volo. Il secondo è quello della crittografia ovvero di tutte le procedure di protezione dei messaggi. Il terzo è quello della continuità di servizio, da assicurare in tutti i casi in cui si verifichino emergenze, siano esse di carattere naturale o malauguratamente indotte da azioni di profilo terroristico internazionale. Sono alcuni tra gli ambiti in cui Avaya vanta una competenza che non ha eguali al mondo.
K4b. Emergenze, calamità naturali, sicurezza nazionale, tutte cose che ci portano al cuore del sistema-Paese. Non voglio trascinarla in questioni legate al dibattito di questi giorni sulla rete di telecomunicazioni, ma se pensiamo a sicurezza ed emergenze la rete diventa una risorsa comune da difendere come tale…
Attura. Assolutamente sì, l’infrastruttura di TLC nel suo complesso è una risorsa del Paese. Anzi, per essere più precisi è una risorsa finita che deve servire il Paese nell’ordinaria e straordinaria amministrazione. Deve potere essere funzionale alle condizioni di emergenza, deve assicurare le funzionalità ordinarie per i servizi erogati a favore di cittadini o imprese o Pubblica Amministrazione, deve potere essere gestita con criteri che assicurino la fear competition come indicato dai quadri regolatori continentali.
K4b. La rete come patrimonio comune?
Attura. Non è un problema di proprietà, ma la rete deve essere gestita come bene del Paese. Perché, come tutti sanno, non vi può essere alcuno sviluppo economico, alcuna crescita significativa di benessere senza i nuovi servizi innovativi di rete. Le attività delle imprese, il tessuto produttivo, la qualità dei servizi offerti al cittadino dalla Pubblica Amministrazione, in una parola, il tenore della nostra vita quotidiana, dipendono, e non in ultima analisi, proprio dall’affermazione di questo principio.
K4b. Allora non solo patrimonio comune, un bene del Paese con obiettivi condivisi?
Attura. Certamente, stiamo parlando di qualcosa che non ha a che fare con le congiunture politiche, con le scelte di questa o quella maggioranza. Ciò di cui parliamo è un asse infrastrutturale capace di far correre la società, come fecero le ferrovie a metà dell’Ottocento e successivamente le reti energetiche e autostradali. Parliamo di un asset infrastrutturale senza il quale non si va da nessuna parte.
K4b. Il profilo che ne traccia risponde ai criteri di servizio di pubblica utilità…
Attura. No, è qualcosa di più e di diverso. Deve riflettere invece l’antica cultura del servizio universale, senza la quale non si supera il digital divide, non si allontana l’idea dell’esclusione dalla rete e dai suoi vantaggi di una parte pur minoritaria della popolazione.
K4b. Eppure il Paese sembra bravissimo a farsi del male, a volte pesa l’idea nefasta di un declino nazionale inarrestabile…
Attura. Una visione corretta dell’infrastruttura serve a rispondere positivamente anche a quegli stati d’animo, a quelle percezioni di declino che non corrispondono alle capacità e potenzialità del nostro Paese. Come le ho detto il ruolo positivo dell’infrastruttura di rete viene sempre identificato con lo sviluppo economico del Paese: è pertanto un obiettivo strategico ma, se mi permette, c’è un altro aspetto che viene spesso trascurato.
K4b. Quale?
Attura. Quello ugualmente strategica dell’infrastruttura come collante nazionale non solo sul piano industriale, ma anche su quello culturale.
K4b. Pensa all’Italia del dopoguerra unita culturalmente dalla televisione?
Attura. No, penso all’Italia del XXI° secolo in cui la cultura della nazione diventa patrimonio di accrescimento, di scambio, di condivisione. Penso all’Italia dei cento campanili che attraverso l’infrastruttura di rete può ridefinire il proprio profilo culturale di nazione all’avanguardia nel bacino del Mediterraneo.
K4b. Nel senso che siamo anche qui bravi a farci del male o possiamo rilanciare?
Attura. Mi faccia dire che l’Italia dell’innovazione non ha nulla da invidiare a nessuno. Anzi, tutti ci invidiano i nostri ingegneri in telecomunicazioni e le assicuro che c’è un pezzo di Italia significativo in ogni innovazione dell’ICT e in ogni laboratorio di ricerca che conti in giro per il mondo.
K4B. Eppure la lista dei problemi da risolvere rimane lunga…
Attura. E’ vero. E i problemi devono essere risolti, tutti. C’è sempre una soluzione per ciascuno di essi, ma, se si vuole guardare al futuro, occorre sostituire la cultura dei problemi da risolvere con quella positiva delle opportunità che devono essere colte.
Solo così si il futuro ci viene incontro.