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Enrico Manca, nella sua introduzione ha messo al centro la cosa più importante del settore di cui stiamo parlando, dell’innovazione e ha fatto giustamente alcuni paralleli con gli Stati Uniti.
Ora cerchiamo di non farci male da soli e chi sta seduto intorno a questo tavolo lo testimonia: noi stiamo parlando di un settore dove l’Italia è forte, non di un settore dove l’Italia è debole. Moltissime delle innovazioni di cui si parla sono nate qui. l’Italia ha inventato la telefonia mobile, è uno dei Paesi che negli ultimi anni ha registrato il tasso di crescita più elevato d’Europa nella banda larga. Abbiamo reti di telecomunicazioni che sono mediamente migliori, per tutta una serie di ragioni storiche, di quelle che hanno gli altri Paesi europei.
Il settore di cui stiamo parlando è, dopo la grande distribuzione, il segmento che ha attirato più investimenti stranieri nel nostro Paese e lo testimoniano se non i passaporti, quanto meno gli azionisti di un certo numero di persone che sono sedute intorno a questo tavolo.
Quindi, con tutti di problemi del Paese che conosciamo e che sono stati in parte toccati, stiamo parlando di un settore dove l’Italia è dinamica, dove l’Italia ha delle opportunità vere. Noi abbiamo già conosciuto discontinuità tecnologiche negli ultimi anni e abbiamo conosciuto l’esplosione del mobile e di Internet che è stata portata dalla banda larga.
Quando noi siamo entrati in Telecom Italia la nostra linea fissa faceva 140 miliardi di minuti all’anno, oggi ne facciamo più di 370 miliardi. 140 miliardi erano solo voce, che oggi è diminuita, tutto il resto è dati. Questo in soli 5 anni quindi l’esplosione è straordinaria.
Adesso siamo alla vigilia di un’esplosione, di una discontinuità tecnologica ancora più grande, che per semplificare al massimo possiamo chiamare convergenza – tra fisso e mobile, tra telecomunicazioni e media, triple play – il tutto portato dall’esplosione della banda larga, non solo nel fisso ma anche nel mobile.
Arriveremo anche nel mobile a velocità se non uguali, quanto meno dello stesso ordine di grandezza del fisso, il tutto pervaso dal protocollo IP che occuperà completamente la rete. Significa che noi avremo, non tra tanto tempo ma prestissimo, non solo offerta di servizi convergenti al pubblico, ma in pratica una rete convergente e tutta la nostra rete che sta per essere ridisegnata in modo convergente tra fisso e mobile.
Uno sforzo di questo genere – che non saremo certo noi soli a consentire, tutti gli altri Paesi europei e non europei sono su questa strada – può essere realizzato soltanto da chi ha forti capacità d’immaginazione commerciale, grande propensione all’innovazione tecnologica e forti capacità d’investimento. Senza queste 3 caratteristiche, sul mercato futuro non si sopravvivrà. E d’altro canto, è incorso negli Stati Uniti e si sta già compiendo un processo colossale di consolidamento, dopo lo spezzettamento delle Baby Bells oggi negli Stati Uniti abbiamo 2 grandi operatori di telecomunicazione, non 4, 5 o 6.
Lo stesso processo è cominciato in Europa, avrà forme diverse, avrà tempi diversi, ma andiamo verso un consolidamento dell’industria.
In tutto questo una sola parola sul digital divide, perché evidentemente un sistema di investimenti basato sull’iniziativa privata – in Italia per fortuna tutti gli attori sono privati – deve avere ritorni economici.
Noi, Telecom Italia, siamo un grande operatore di telefonia europeo che investe circa il 17% del fatturato, come confermato anche nel prossimo piano triennale. Nonostante questo, credo che dobbiamo assentirci anche la responsabilità del digital divide. Quindi nel nostro programma di investimento, con le sole nostre forze, noi prevediamo di arrivare a una copertura in banda larga nella popolazione del 96% nel 2007 e se tutto va bene del 98% nel 2008, quindi portandoci tra i massimi livelli europei.
E’ chiaro che data la struttura orografica del Paese, il costo del collegamento marginale in Italia è estremamente costoso, quindi se vogliamo fare di più o più in fretta, evidentemente un intervento pubblico è necessario. Il caso di Infratel è sicuramente un caso positivo, ma si possono immaginare anche interventi su tecnologie più composite, c’è il satellite, c’è il WiMAX.
Veniamo alla concorrenza: come ha affermato molto bene la Sig.ra Kroes, che ha preso il posto di Mario Monti a Bruxelles, la concorrenza è un bene pubblico fondamentale, il cui obiettivo è tuttavia di tutelare i consumatori, non i concorrenti. Quello che conta è che si abbassino le barriere all’ingresso, che tutti possano competere, ma il successo dell’operazione va misurato sul beneficio dei consumatori e non sulla protezione dei concorrenti.
In nessun Paese civile è stata imposta la separazione strutturale della rete per legge, perché sarebbe un’assurdità – c’è un eccellente studio dell’OCSE che arriva proprio a questa conclusione. Questa è un’operazione che non ha senso economico, in alcuni rarissimi casi la separazione è stata fatta per decisione delle aziende, ma in generale dietro il peso degli investitori che piuttosto che per decisione autonoma. Gli inglesi sono molto bravi in molte cose, in alcune meno, sono soprattutto bravi nella comunicazione, perché sono riusciti a comunicare come operazione rivoluzionaria qualche cosa di molto simile a quanto in Italia già esiste dal 2003, cioè una separazione funzionale molto forte tra le divisioni commerciali e quelle wholesale dell’operatore incumbent.
Certo, gli inglesi l’hanno fatto tre anni dopo quindi in delle circostanze un po’ diverse, tra l’altro venendo da una posizione regolatoria peggiore della nostra, ricordo che in Inghilterra non esiste unbundling, perché l’operatore dominante è stato finora favorito dal regolatore, scoraggiando l’unbundling. Comunque, si può anche vedere cosa si può mutuare da questo sistema inglese, ma non è una rivoluzione rispetto a quello che noi abbiamo a casa.
Secondo mito da dissipare: noi siamo contrari alla ‘regulatory holidays’ che chiedono i tedeschi, per il semplice motivo che siamo incumbent in Italia e concorrenti in Francia e in Germania. Riteniamo che il mantenimento di una regolazione ex ante sui mercati wholesale sia auspicabile, o meglio inevitabile.
E’ invece molto importante per i consumatori che si elimini, come è stato proposto dalla Commissione Europea, la regolazione ex ante sui mercati al consumo, perché la cosa a cui assistiamo è che la regolazione stante sui mercati retail è sistematicamente utilizzata nel processo regolatorio per ritardare l’innovazione.
Noi abbiamo dovuto aspettare 6 mesi per poter lanciare un servizio di banda larga a 20 Mbit.
Noi stiamo per lanciare servizi convergenti fisso-mobile. Ci sono operatori che sono nati integrati, altri operatori ad un certo punto nella storia hanno fatto la scelta – alcuni l’hanno addirittura teorizzata – di essere fissi puri o mobili puri, perché quello era il modello e gli operatori integrati erano dei dinosauri.
Alcuni di questi hanno anche avuto grande successo – essendo fissi puri o mobili puri. Adesso arriva la convergenza attraverso la tecnologia, quindi il primo problema è che chi ha fatto in passato una scelta strategica di essere esclusivamente fisso o esclusivamente mobile, addotti la giusta strategia, facendo accordi tra di loro, e d’altro canto è esattamente quello che è successo in Gran Bretagna: l’operatore fisso puro ha fatto un accordo con l’operatore mobile puro e questa è la strada che si dovrebbe percorrere anche nel nostro Paese.
(Testo ricavato da trascrizione audio)
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