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IBM produce tecnologie, hardware e software, supportando i clienti nel loro utilizzo. L’azienda, che nasce nel 1921, conta oggi 330.000 persone nel mondo, con 91 mld di dollari di fatturato.
Da 13 anni consecutivi è leader mondiale per numero di brevetti realizzati, un dato indicativo del posizionamento della società e del suo obiettivo: camminare lungo la frontiera dell’innovazione.
Siamo organizzati in unità di prodotto (hardware, software e servizi), unità di mercato (settore pubblico, industria, ecc.) e unità geografica. In questo senso, noi facciamo parte dell’IBM Italia che è attiva dal 1927 e che conta oggi circa 11.000 persone.
In merito alle attività nel nostro Paese, è importante sottolineare che ci stiamo spostando molto rapidamente dal tradizionale confezionamento di computer alla produzione di know-how, anche attraverso il lavoro dei nostri Laboratori, come quello di Roma – che impiega oltre 500 persone ed è uno dei più grandi al mondo della IBM – Bari, Catania, Napoli e Cagliari. Inoltre, stiamo pensando di realizzarne un altro a Milano che lavori sulle Biotecnologie.
Passando alle valutazioni di tipo economico, se analizziamo il comportamento di sei Paesi nel mondo, dal 1800 ad oggi, su settori come l’Agricoltura, l’Industria ma soprattutto i Servizi, siamo tutti d’accordo nel sostenere che gli Stati Uniti sono leader dal momento che, primi a partire proprio sui Servizi, stanno ora capitalizzando tale capacità.
In questo scenario, vorrei far notare anche la crescita attuale di Paesi come Russia, Cina e Germania, che dovrebbe indicarci una strada su come il nostro Paese dovrebbe svilupparsi: proprio sull’area dei Servizi, dell’immateriale, perché sulla produzione fisica non abbiamo sufficiente economia di scala e non abbiamo un costo del lavoro sufficientemente basso per competere con Cina e India, mentre invece su questi elementi possiamo competere a livello mondiale.
E‘ importante ‘concentrare’ nel nostro Paese denaro e servizi, così come tanti Paesi nel mondo stanno facendo in maniera molto rapida. Quindi, investire sull’immateriale penso che sia la chiave per lo sviluppo. Posso dirlo con cognizione di causa, visto che il nostro Laboratorio di Roma sviluppa software che per il 95% viene esportato in tutti i Paesi del mondo, mentre solo il 5% rimane in Italia.
Se questa considerazione è corretta, direi che possiamo veramente dare corso a quello che indica l’Agenda di Lisbona: sviluppare una Società digitale, una Società della conoscenza, creando le infrastrutture di comunicazione (WiMAX, Banda larga per tutti e Sicurezza sulle reti, dando corso a quanto abbiamo già concordato col Ministero, sia IBM che Microsoft) sicure, disponibili e accessibili a tutti.
Se riusciamo a realizzare questo discorso d’infrastruttura siamo posizionati per competere a livello mondiale sul discorso dei Servizi. Questo vuol dire che dovremmo incentivare lo sviluppo dell’immateriale essenzialmente su ICT e sull’innovazione, sui Centri di ricerca e sulle Università. Puntare sulle infrastrutture digitali e sull’innovazione ci permetterà di poter competere a livello mondiale in un mondo digitale in cui i capitali si spostano con un click, così come anche gli investimenti, le persone, le cose e persino il know-how.
Se riusciamo a creare tale infrastruttura di comunicazione e a incentivare questi contenuti di know-how si renderà possibile non dover emigrare per poter partecipare a questo ‘gioco mondiale’, costretti a portare all’estero le nostre capacità, ma potremmo farlo nel nostro Paese esportando attraverso le reti quanto davvero siamo capaci di fare.
(Testo ricavato da trascrizione audio)
Consulta il profilo Who is Who di Andrea Pontremoli
Instant Meeting – Roma, 4 Luglio 2006
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Le slides dell’intervento di Andrea Pontremoli
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