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Instant Meeting. Necessario un nuovo percorso verso il digitale terrestre, insostenibile la convivenza con l’analogico. L’intervento di R. Perissich (TI Media)

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Chi conosce La7, probabilmente ne ha apprezzato finora la qualità, l’obiettività. Tra l’altro è qui presente una persona che ha contribuito notevolmente a dare corso alla nuova La7, Paolo Dal Pino, che ha contribuito nel farne un po’ un fiore all’occhiello della qualità nel panorama della televisione italiana. 

Nel contesto di questa discussione credo però che l’emento più importante sia fare qualche considerazione sul Digitale terrestre. Noi siamo tra quelli che hanno creduto sin dall’inizio nel digitale terrestre per tutta una serie di motivi, il più importante dei quali è la sua grande flessibilità e disponibilità di canali, che offre un’occasione per diversificare l’offerta, per diversificare le fonti di reddito e per far entrare un certo tipo di interattività anche nel mondo della televisione.

Questa scommessa sul digitale terrestre – che non poteva essere persa soprattutto per un’azienda come Telecom Italia Media che è legata ad un gruppo come Telecom Italia – è stata senz’altro particolarmente costosa per una emittente di piccole dimensioni come La7, nonostante gli acquisti di frequenze siano stati a prezzi mediamente più contenuti di chi ha dovuto precipitarsi sulle frequenze all’ultimo momento.

Si è trattato, comunque, di uno sforzo straordinariamente importante per una televisione di piccole dimensioni. Il mantenimento in parallelo della trasmissione analogica e della trasmissione digitale rappresenta, quindi, per un broadcaster come il nostro ma in realtà per tutti i broadcaster, uno sforzo abbastanza assurdo e alla lunga difficilmente sostenibile, ragion per cui chi si è lanciato in questa avventura contava su una transizione relativamente rapida dall’analogico al digitale.

A sostegno di questa scelta strategica ci doveva essere la ragionevole certezza di un percorso verso lo switch-off tra l’analogico e il digitale. Il dato determinante di quanto accaduto negli ultimi due anni è stato l’assordante silenzio della RAI, contrariamente al Regno Unito (l’altro Paese europeo dove la TDT ha compiuto grandi progressi) dove il digitale terrestre è stato quasi interamente portato dal servizio pubblico, quindi dalla BBC. In Italia è mancato completamente il motore della Rai e quindi l’onere è ricaduto interamente sulle spalle dei broadcaster privati, Mediaset e La7.

In queste condizioni abbiamo tentato un’operazione basata su 2 gambe: da un lato il sostegno alla domanda dei decoder e dall’altro il lancio del pay-per-view usando il naturale driver di queste cose in Italia, cioè il Calcio. L’operazione non è stata un fallimento, i risultati sono anche abbastanza apprezzabili, ma quando sono mancati anche i fondi del sostegno pubblico ed anche il driver del Calcio si è esaurito, ecco che la spinta al passaggio al digitale terrestre si è allentata. Infine, è cambiata la maggioranza di Governo, con le inevitabili incertezze che questo comporta.

Oggi, tutti noi abbiamo assolutamente bisogno della definizione di un nuovo percorso verso il digitale terrestre perché il parallelismo attuale è insostenibile. Un percorso che deve appoggiarsi, a nostro avviso, su tre elementi.

Il primo è l’impegno della Rai. Il secondo si sta discutendo in seno all’associazione collettiva – che raggruppa anche  la Rai – di coloro che s’interessano al digitale terrestre e consiste nella decisione di lanciare un certo numero di canali esclusivamente digitali free-to-air in modo da ridare slancio da questo punto di vista al digitale terrestre. Il terzo è di mettere ordine, anche in seguito alle conferenze internazionali, al mondo delle frequenze.

Se il Governo ci darà indicazioni serie su questi elementi, – anche mantenendo, se necessario, gli obblighi di condivisione delle frequenze per i fornitori di contenuti che vogliono accedere a questo sistema – noi riteniamo che si possa riprendere un percorso che altrimenti metterebbe tutti i broadcaster in una condizione molto difficile.

Aggiungo anche, a nome di Telecom Italia, che a questo punto comincia una sfida fondamentale in Italia per i produttori di contenuti. Tutte queste ‘autostrade’ che noi stiamo aprendo di cui il digitale terrestre è soltanto una, possono funzionare solo se ci saranno ‘veicoli’ che passeranno dentro. Questi veicoli non li produciamo noi, questi veicoli devono essere prodotti dal mondo dell’immaginazione, della creatività e siccome dovremmo riempire le autostrade i produttori italiani di contenuti devono sapere che se non ci sono loro ci saranno le major americane, ma comunque qualcuno ci sarà.

(Testo ricavato da trascrizione audio)

Consulta il profilo Who is Who di Riccardo Perissich

  Instant Meeting – Roma, 4 Luglio 2006

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