Diritto all’oblio, Google nel caos

di Raffaella Natale |

Google nel caos dopo aver rimosso dei link ad alcuni articoli del Guardian, subito dopo riattivati. Qual è il confine tra diritto all’oblio e all’informazione?

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Si complica, com’era prevedibile, la questione che riguarda il diritto all’oblio e i motori di ricerca. A far finire Google, il più popolare motore di ricerca del mondo, nel caos è la decisione presa ieri di ripristinare alcuni link di The Guardian, rimossi a inizio settimana su richiesta degli utenti.

Una vicenda che pone la gravità del problema di saper correttamente discernere il sottile confine tra diritto all’oblio (Scheda) e diritto all’informazione, secondo quanto ha previsto la recente sentenza della Corte di Giustizia Ue che stabilisce la responsabilità anche dei motori di ricerca per i dati personali pubblicati da terzi su internet.

Per Google la questione s’è ulteriormente aggravata dopo la polemica che si è scatenata in queste ultime ore a seguito della cancellazione di un ‘post’ del 2007 pubblicato dal giornalista della BBC, Robert Peston, sull’ex capo di Merryl Lynch, Stanley O’Neal.

 

La situazione ha acceso un forte scontro tra media ed esperti di internet da una parte e dall’altra tutti quelli che hanno sperato che la recente sentenza della Ue gli desse il potere di far cancellare dal web informazioni imbarazzanti o dannose per sè stessi.

Secondo il portavoce del vicepresidente della Commissione Ue, Ryan Heath, Google ‘non ha agito con giudizio’ nel rimuovere il link al blog di Peston.

Dal Guardian hanno dichiarato di non aver ricevuto alcuna notifica sulla reindicizzazione dei sei articoli rimossi e che comunque il giornale non aveva fatto appello contro la decisione di Google.

Il quotidiano aveva tuttavia pubblicamente accusato la compagnia americana d’aver dato “un’ampia interpretazione” alla sentenza Ue.

Peter Barron, Capo della Comunicazione di Google in Europa, ha ammesso alla BBC che gestire le richieste di rimozione è ‘un processo difficile’, perché bisogna bilanciare ‘l’esigenza di trasparenza con il bisogno di proteggere l’identità delle persone’, aggiungendo di non condividere la sentenza Ue ma che in quanto tale ‘va rispettata’.

 

A riguardo però c’è da dire che la sentenza della Ue è abbastanza chiara. Non basta la rimozione sic et simpliciter di un link per allinearsi alla decisione dei giudici Ue, perché è anche necessario salvaguardare il diritto all’informazione.

La Corte ha, infatti, sottolineato che occorre ricercare un ‘giusto equilibrio’ tra questo e l’interesse dell’utente a ‘essere dimenticato’.

“Equilibrio – precisa poi la Corte – che, in casi particolari, dipende dalla natura dell’informazione di cui trattasi, nonché dall’interesse del pubblico a ricevere tale informazione, il quale può variare, in particolare, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica”.

Un portavoce dell’azienda ha, però, commentato che “Questo implica per Google arbitraggi difficili tra il diritto all’oblio dei singoli e il diritto all’informazione del pubblico“.

 

La decisione Ue è stata inizialmente criticata dal gruppo, che s’è poi allineato, mettendo online il 30 maggio un modulo per le richieste di rimozione dei link che saranno vagliate da un Comitato composto anche da ex Garanti europei e professori universitari.

Adesso l’azienda di Mountain View sta procedendo applicando alla lettera quanto richiesto dai giudici di Strasburgo e, secondo qualcuno, lo starebbe facendo proprio con il fine di far montare la polemica com’è appunto successo per il caso O’Neal e riaprire così il dibattitto sul diritto all’oblio.

 

Il giornalista Peston ha subito rilanciato: così si “uccide” il giornalismo.

Ne è scaturito un acceso confronto che ha avuto l’effetto contrario rispetto al diritto a essere dimenticati. L’articolo sotto accusa è, infatti, rimbalzato centinaia di volte sui social network per il clamore che la vicenda ha provocato. Altri commentatori britannici hanno reagito con sdegno, osservando che la decisione, scrive il Times, “conferma i timori che il verdetto della Corte Europea aiuterà i ricchi e i potenti a censurare informazioni imbarazzanti ma veritiere sul loro conto”.

Sono stati scritti più di 300 commenti e fra questi molti che criticavano l’applicazione del diritto all’oblio quando questa va contro il diritto all’informazione.

Il professor Adam Thierrer, esperto di media della George Mason University, ha osservato:  “Il cosiddetto diritto di essere dimenticati dovrebbe essere chiamato diritto di censurare il giornalismo e riscrivere la storia“.

 

Come forse è stato per il caso O’Neal, per il quale non risulta ancora chiaro chi abbia chiesto la rimozione del post. Nell’articolo, poi, non venivano mosse particolari accuse a O’Neal. Si parla, infatti, all’inizio della crisi finanziaria globale nel 2007, delle sue dimissioni dal ruolo di amministratore delegato nel colosso Usa Merryl Lynch. E più che altro vengono criticati i veterani della banca che avrebbero scaricato le loro responsabilità su di lui

 

Dal 30 maggio scorso, quando il modulo per la richiesta di cancellazione dei link è stato messo online, Google ha ricevuto in Europa oltre 70 mila richieste di cancellazione di link.

I Paesi che maggiormente si sono avvalsi del nuovo strumento sono la Francia (circa 14 mila richieste), Germania (12.600) e Gran Bretagna (8.400), mentre dagli utenti italiani sono giunte quasi 6 mila richieste. In totale, si chiede l’annullamento di 267.550 link ma ciascuno dei casi “dovrà essere trattato su base individuale”, ha fatto sapere Google riservandosi quindi il diritto di valutare la pertinenza della richieste.

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