Addio competition. In Italia la concorrenza si fa a colpi di TAR e carta bollata

di di Raffaele Barberio |

Google ricorre al Tar dopo la richiesta di Agcom, peraltro soddisfatta, di fornire i dati sui ricavi in Italia per la composizione del SIC. Resta il fatto che ancora una volta l’Autorità lasci il passo al Tar.

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Raffaele Barberio

E’ solo l’ultimo caso.

L’ennesimo.

Questa volta a rivolgersi al TAR non è un operatore di telecomunicazioni, ma una grande multinazionale.

E’ Google, un gigante del web al cospetto del quale tutti gli altri competitor sono poco o nulla.

Come riportato in altra pagina di Key4biz, AgCom ha chiesto a Google Italia i dati di fatturato relativi al mercato italiano: una richiesta ordinaria e necessaria per adempiere alle esigenze di compilazione dei dati relativi al SIC, il Sistema Integrato delle Comunicazioni che deve ricostruire ogni componente del mercato delle comunicazioni.

La richiesta di AgCom risponde a quanto previsto dall’Informativa Economica di Settore (IES), cui devono sottostare tutti gli operatori di comunicazioni italiani: dagli operatori di rete ai servizi media, dalle agenzie di stampa a coloro che trattano pubblicità online e cinematografica

E Google Italia cosa fa?

Consegna i dati e si rivolge immediatamente agli avvocati con un bel ricorso al TAR.

Quanto pesa Google e di cosa stiamo parlando?

Si piazza in Italia (dove in pubblicità la TV la fa da padrone) al secondo posto nella raccolta pubblicitaria, avendo superato anche la RAI e posizionandosi immediatamente alle spalle di Mediaset.

Ma l’inarrestabile invasione di Mountain View sul mercato pubblicitario italiano è stato vissuto da molti come un fulmine a ciel sereno.

Almeno fino al momento in cui la pubblicità online è ufficialmente entrata nel SIC.

Da qui la richiesta di AgCom e il ricorso di Google al TAR.

Una manovra, questa, abbastanza inusuale per Google.

Una circostanza, quella del ricorso al TAR, abbastanza familiare invece per AgCom, che da organismo di regolazione si è trasformato in organismo esecutore di sentenze del TAR e del Consiglio di Stato.

Insomma sembra che il soffocamento delle regole di competizione (le sane regole della concorrenza, come amano dire i liberisti) determinato dall’uso smodato di carte bollate e risorsi al TAR non sia più arma esclusiva degli operatori di telecomunicazioni ed abbia contagiato anche un gigante come Google, il Polifemo con un grande occhio e cento orecchie che sembra non amare l’essere a sua volta condizionato o sottoposto a regole identiche a quelle degli altri.

Rimane la circostanza, che ad impegnare il tribunale amministrativo ci sia, dall’altra parte, ancora una volta, l’AgCom cui spetta il compito di regolare il mercato, non di eseguire le prescrizioni di questa o quella sentenza del TAR o del Consiglio di Stato.

 

 

 

 

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