I giganti del web, i ‘nani’ del mercato e le ballerine

di di Raffaele Barberio |

In questi giorni si è sviluppato un articolato dibattito sul ruolo dei Giganti del Web: i cosiddetti Over The Top (OTT). Ma chi sono i nemici dell'innovazione?

Italia


Raffaele Barberio

In questi giorni si è sviluppato un articolato dibattito sul ruolo dei Giganti del Web: i cosiddetti Over The Top (OTT).

 

Si tratta di una macro categoria in cui figurano società molto potenti (da Google a Facebook, da Amazon a Microsoft e a Netflix, per citare alcune tra le più note) che offrono una moltitudine di servizi, di grande efficienza, di enorme potere politico oltre che economico e con una condivisa finalità che è quella di costruire un’economia digitale in piena identificazione con l’economia digitale americana.

Non parliamo quindi di web in senso stretto.

Non parliamo di motori di ricerca o servizi software, che sono un “di cui” periferico.

Non parliamo di cookie per il controllo della pubblicità, né di cookie per il controllo delle abitudini di milioni o miliardi di persone. Parliamo di tutto il resto della nostra vita quotidiana, dalla Borsa alle guerre tra le nazioni, tutte cose immerse fino al collo dentro il web e con un ruolo ovviamente pervasivo per quelle società ascrivibili alla macro categoria degli Over The Top (OTT). E non è un caso se la Cina ha messo alla porta Google ed ha ignorato l’ambasciatore americano a Pechino.

 

Si tratta di un bel pacchetto di società composto dagli alfieri della “fantasia digitale al potere” contro cui, sino ad appena due anni fa, non si poteva che dire solo un gran bene e guai a chi si permetteva di dire il contrario.

 

Oggi il mondo è cambiato.

Vi è ormai un sentire comune sulle violazioni sostanziali delle regole competitive di molte di queste società. Vi sono chiare evidenze dei sotterfugi fiscali con cui la maggior parte di esse non pagano le tasse dovute, impoverendo i territori da cui traggono quelle risorse economiche. Altro che Corporate Social Responsability e debito verso i territori…

In sostanza, oggi la musica è cambiata.

 

Per questo mi ha colpito molto leggere ieri le opinioni di Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, che a fronte delle autorevoli considerazioni registrate nei giorni passati, ha ritenuto di voler fare quella che, francamente, appare come una difesa d’ufficio sulla quale occorre forse fare qualche considerazione, con l’obbiettivo di cogliere le loro finalità presunte.

 

Elio Catania dice innanzitutto che “…Chi ha paura dell’innovazione fa male al Paese“. Del resto come non dargli torto?

“…Bisogna aver paura di chi ha paura dell’innovazione e del cambiamento. Perché non solo è un approccio anti-storico, ma è anche un dibattito vecchio, superato e dannoso per il Paese…”.

Ma a chi si riferisce Elio Catania?

 

 

Per Il Garante della Privacy gli Over The Top esercitano un potere  sottratto a qualunque regola democratica

 

Noi abbiamo registrato lo scorso 10 giugno quanto dichiarato da Antonello Soro Garante della Privacy, che in occasione della presentazione della Relazione annuale 2013 al Senato, ha esplicitamente fatto riferimento “…all’enorme potere politico dei giganti del web“.

Nel suo intervento, Antonello Soro non ha nascosto la propria preoccupazione per lo strapotere dei colossi di internet.

“I giganti di internet – ha precisato il Garante – tendono a occupare, in modo sempre più esclusivo, ogni spazio di intermediazione tra produttori e consumatori, assumendo un potere che inesorabilmente si traduce anche in un enorme potere politico. Un potere sottratto a qualunque regola democratica”.

 

 

Per Confindustria Radio TV Google & Co. competono senza sottostare a regole di mercato condivise

 

Abbiamo poi registrato l’11 giugno, appena un giorno dopo le esternazioni del Garante, le dichiarazioni di Rodolfo De Laurentiis, presidente di Confindustria RadioTV, altra organizzazione di Confindustria quindi, che ha dichiarato: “Di fatto i nuovi operatori Over The Top competono sullo stesso campo degli operatori radiotelevisivi tradizionali capitalizzando sui proventi pubblicitari e sulla vendita di contenuti, senza però sottostare a tutte quelle regole che si sono stratificate nel tempo per gli editori radiotelevisivi, tra cui: tetti alla pubblicità, obblighi di informazione imparziale, completa ed obiettive; obblighi di par condicio finalizzati a dare ampio rilievo a tutte le espressioni politiche; obiettivi di promozione delle opere europee attraverso quote di investimento e trasmissione prestabilite“.

Ma De Laurentiis va anche oltre: “…I nuovi competitor si chiamano Apple, Google e YouTube, Netflix, Amazon, Yahoo, Facebook, e Twitter, per citarne alcuni. Nel settore televisivo hanno un impatto forte anche un altro tipo di operatori OTT, i costruttori di apparati televisivi: i portali proprietari delle smart TV si configurano in sistemi chiusi e indicizzatori con impatti delicati sotto il profilo dell’accesso ai contenuti e della pubblicità. Si tratta di operatori inediti per dimensioni, internazionalizzazione, sviluppo e tasso di innovazione, spesso impegnati in un’aggressiva politica di acquisizioni resa possibile dai risultati di bilancio, l’alta capitalizzazione di borsa e la liquidità disponibile“.

De Laurentiis ha ricordato che “…Apple ha fatturato nel 2013 oltre 170 miliardi di dollari: 35 volte il fatturato di Mediaset. Google 60 miliardi di dollari, 17 volte. La capitalizzazione in borsa di Apple è oggi comparabile alla metà del valore complessivo della borsa italiana, ma in alcuni momenti in passato lo ha equiparato“.

 

 

Carlo De Benedetti: “Abbiamo tutti paura di Google”

 

Abbiamo infine registrato, sempre l’11 giugno, l’articolo di Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso, che ha lanciato l’allarme: “Abbiamo tutti paura di Google. Anche io. La più grande società editoriale al mondo non sarà mai in grado di fare concorrenza a Google e questo ha a che fare con la democrazia, perché una sana concorrenza editoriale è una garanzia per la democrazia“.

Altro elemento sottolineato da De Benedetti nel suo intervento critico verso Google & Co. è che “…queste compagnie Over The Top non pagano le imposte nei paesi in cui operano“.

Gli editori non chiedono privilegi alla politica, ma la possibilità di competere a parità di condizioni. Google segua le regole che si applicano a tutti gli altri“, ha concluso De Benedetti, sostenendo che l’epoca dei grandi giornali generalisti “è finita“.

Necessario per De Benedetti cercare una via d’uscita: “La strada c’è – ha concluso – sarà difficile percorrerla da soli“. Con un warning finale a chiusura di discorso: “ciarlatani e impostori attenti a voi perché noi editori continueremo il nostro lavoro“.

 

 

Ma allora chi sono i nemici dell’Innovazione?

 

In conclusione, viene da chiedersi a chi si riferisse Elio Catania, considerata l’autorevolezza delle dichiarazioni sopra riportate e registrate in un arco di poche ore e la loro rilevanza sia per il peso istituzionale (Garante Privacy) sia per la rappresentanza imprenditoriale (Confindustria Radio TV e Carlo De Benedetti). Verrebbe voglia di aggiungere che anche altre organizzazioni confindustriali come Confindustria Cultura, sono su posizioni ben differenti da Confindustria Digitale.

 

E allora, chi sono coloro che hanno paura dell’innovazione e che fanno male al Paese, a cui Elio Catania fa riferimento?

E da quali società dovremmo imparare? Vorrei qui ricordare che una delle più scandalose circostanze legate ad un progetto di promozione turistica del Paese era legata ad un sito come Italia.it, affidato per la modica somma di oltre 45 milioni ad una nota multinazionale americana dell’informatica. L’intera operazione lasciò sul tavolo il nulla assoluto.

O partiamo dall’assunto che Google & Co. siano l’innovazione con la quale dobbiamo digerire il bambino e l’acqua sporca, ovvero il nuovo e, a un tempo, le violazioni di regole che fanno comodo solo all’economia digitale americana e non alla nostra economia digitale, nostra e dell’Europa con il suo nascente Single Market.

L’assunto secondo il quale chi attacca (o si difende da) Google & Co. è contro l’innovazione sarebbe un paradigma fondamentalista e chiunque se ne facesse portavoce cercherebbe di imporre di fatto una Jihad digitale che non può avere spazio nell’Europa a cui guardiamo e nel Paese che amiamo.

Perché in questo caso ci sentiremmo tutti come Salman Rushdie.

Solo che a differenza di lui, continueremmo tutti a fare ciò che facciamo.

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