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Vodafone, operazione trasparenza: ‘In Italia accesso ai dati solo su richiesta della Magistratura’

Italia


“In Italia le leggi (art. 96 del Codice Comunicazioni Elettroniche) prevedono che ogni operatore sia tenuto a fornire alcune prestazioni obbligatorie nei confronti della Autorità Giudiziaria, e cioè le intercettazioni delle comunicazioni e l’accesso alle anagrafiche e ai tabulati di traffico. Tutto questo avviene sempre su autorizzazione preventiva della magistratura o degli organi di polizia giudiziaria, come previsto anche da Codice della privacy (art. 132 del Codice della privacy)”. Così Vodafone Italia ha commentato a Key4biz la notizia secondo cui il Governo italiano avrebbe inoltrato alla società 605 mila richieste di informazioni sui metadati dei clienti: il maggior numero in assoluto di richieste di accesso ai dati degli utenti in tutti e 29 i Paesi in cui il gruppo britannico opera.

Le precisazioni arrivano in seguito alla pubblicazione del primo report sulla trasparenza (Law Enforcement Disclosure Report) rilasciato dal gruppo britannico per dare un contributo alla trasparenza nel rapporto fra l’operatore e i Governi dei paesi 29 paesi in cui opera.

Per quanto riguarda le richieste di accesso per fini di intercettazione provenienti dal nostro paese, il report rimanda direttamente ai dati del Ministero della giustizia, cumulati per tutti gli operatori, mentre la società ci ha spiegato che soltanto “in 84 mila casi si tratta di richieste di informazioni sui tabulati, mentre per il resto, il grosso delle richieste è relativo all’anagrafe e all’intestazione dell’utenza”.

 

Alcuni paesi – si legge nel report – dispongono di un impianto legislativo che consente l’accesso diretto delle Autorità alle reti di comunicazione elettronica.

 “In questi Paesi Vodafone non riceve alcuna richiesta di accesso per fini di intercettazione poiché le agenzie governative e le autorità dispongono già di accesso permanente alle comunicazioni attraverso un link diretto”, si legge ancora nel report.

 

Stephen Deadman dell’ufficio Privacy di Vodafone Group ha dichiarato al Guardian che “questi link diretti esistono, il modello dell’accesso diretto esiste. Facciamo un appello perché le agenzie governative mettano fine all’accesso diretto come strumento per ottenere dati sulle comunicazioni delle persone”.

 

Commentando la notizia, il Garante Privacy Antonello Soro ha definito ‘intollerabile’ il fatto che “…i Governi svolgano un’opera di sorveglianza così massiva, generalizzata ed indiscriminata come quella rivelata dal Rapporto Vodafone. Così come non è accettabile che i Governi accedano direttamente alle telefonate dei cittadini, al di fuori delle garanzie previste dalla legge e senza un provvedimento della magistratura. E questo vale innanzitutto per i Paesi europei dove vige un ordinamento rispettoso dei diritti fondamentali delle persone”.

“Quello che a partire dal Datagate sta emergendo a livello globale – sottolinea ancora Soro – è l’assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua libertà e della sua dignità”.

Secondo Soro, quindi, “..va riaffermata  l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali. Non si può in alcun modo giustificare – conclude – la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertà dei cittadini perché in questo modo si rischia di calpestare l’essenza stessa del bene che si vuole difendere”.

 

Il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha affermato che  “Sicuramente l’Italia non agisce al di fuori delle prerogative e delle leggi”, mentre per il Commissario Ue alla giustizia Viviane Reding ha ricordato che “nella Ue deve essere un giudice ad autorizzare l’accesso ai dati personali dei cittadini e questa regola si applica in tutti i paesi dell’Unione”.

Nel normale lavoro di polizia è importante usare delle pinzette invece dell’aspirapolvere nella raccolta dei dati personali”, ha concluso Reding.

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