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Usa battono Europa 82% a 54%. Sono queste infatti le percentuali relative alle famiglie che hanno accesso, negli Stati Uniti e in Europa, a connessioni internet superiori a 25Mbps secondo uno studio della University of Pennsylvania Law School.
Il report conferma come oltreoceano gli investimenti nella banda larga siano stati incentivati dall’assenza di regolamentazione mentre in Europa, al contrario, siano stati soffocati da un eccesso di regole e anche dal fatto che la banda larga sia considerata un servizio di pubblica utilità (trattamento che anche la FCC si appresterebbe ad avallare, tra le proteste degli operatori).
Con la conseguenza che negli Stati Uniti gli investimenti ammontano a 562 dollari a famiglia, mentre in Europa si fermano a 244 dollari, disincentivati anche dal fatto che i nuovi player possono affittare capacità all’ingrosso e rivenderla ai clienti senza investire in infrastrutture proprie.
Quanto ai prezzi della banda larga, si evince dal confronto che negli Usa i servizi sono più convenienti che in Europa per tutti i livelli di velocità inferiori a 12 Mbit mentre risultano più costosi per le velocità più elevate, anche se il maggior costo è giustificato in parte dal fatto che gli utenti internet statunitensi in media consumano il 50% in più di banda rispetto agli europei.
In termini di velocità di download, emerge invece che nelle ore di punta (la sera nei giorni feriali) la media negli Usa si attesta a 15 Mbps, contro i 19 Mbps in Europa.
C’è però una disparità tra le velocità pubblicizzate e quelle effettive: nelle ore di punta, la velocità effettiva di download negli Usa è risultata pari al 96% di quella pubblicizzata mentre in Europa, i consumatori hanno fruito solo del 74% della velocità pubblicizzata. Gli Stati Uniti inoltre se la cavano meglio in termini di latenza e perdita di pacchetti.
“I dati disponibili confermano che gli Stati Uniti stanno andando meglio dell’Europa nella corsa alla banda larga e offrono un forte sostegno all’approccio normativo adottato finora dagli Usa” si legge nello studio, scritto dal professor Christopher Yoo e che si inserisce nel dibattito sulla regolamentazione dell’accesso a internet, molto acceso sia negli Usa che in Europa.
Oltreoceano, la Federal Communications Commission ha proposto nuove regole per consentire ai fornitori di accesso di stringere accordi con i fornitori di contenuti per trattare il loro traffico in maniera preferenziale. Misure che hanno suscitato un forte dibattito.
In Europa, invece, il Parlamento europeo ha votato regole molto più stringenti che, in nome sempre della net neutrality, vanno in senso nettamente opposto, impedendo agli operatori di offrire servizi specializzati e di gestire al meglio le reti di loro proprietà.
Lo studio analizza anche la situazione italiana, sottolineando come il nostro Paese sia il peggiore in Europa in termini di copertura NGA, con una percentuale del 14% e la totale assenza di connessioni veloci nelle aree rurali. Questo nonostante l’Italia sia stata pioniera in Europa nella fibra ottica, avendo iniziato il rollout nei primi anni 90. Al momento, dice lo studio, per portare la fibra ottica a metà della popolazione italiana servirebbe un investimento di almeno 13 miliardi di euro.
Le tecnologie VDSL si fermano quindi al 5% (contro il 25% di media Ue) mentre l’LTE copriva, a fine 2012, il 17% della popolazione, ma pure in questo caso la copertura delle aree rurali è pari a zero.