Italia
L’Italia non ha ancora risolto il problema della redistribuzione delle frequenze tv, come previsto dalla sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo del 7 giugno 2012 sul caso dell’emittente Europa 7 di Francesco Di Stefano, che pur in possesso di regolare concessione non ha potuto trasmettere fra il 1999 e il 2009 perché non le è mai stata assegnata una frequenza nazionale. Il Consiglio d’Europa ha chiesto oggi al Governo italiano di presentare entro il primo settembre un piano o un resoconto su quanto realizzato in questo campo “per eseguire la sentenza”.
La saga di Europa 7 è iniziata nel luglio del 1999 quando, in base alla legge n.249 del 1997, ottenne la licenza per trasmettere attraverso tre frequenze per la copertura dell’80% del territorio nazionale. Tuttavia l’emittente ebbe l’effettiva possibilità di iniziare a trasmettere solo nel 2009 e su una sola frequenza.
Nel giugno del 2012, la Corte europea dei diritti umani ha dato ragione all’imprenditore e condannato l’Italia, per non aver concesso per 10 anni le frequenze all’emittente televisiva, riconoscendo a Di Stefano 10 milioni di euro per danni materiali e morali contro una richiesta di 2 miliardi di euro.
I giudici europei hanno stabilito che nel negare le frequenze a Europa 7, le autorità italiane abbiano violato il diritto alla protezione della proprietà privata e quindi causato un danno economico all’emittente.
Nel condannare l’Italia, la Corte ha sottolineato come, avendo ottenuto la licenza, Europa 7, potesse “ragionevolmente aspettarsi” di poter trasmettere entro massimo due anni. Ma non ha potuto farlo perché le autorità hanno interferito con i suoi legittimi diritti con la continua introduzione di leggi che hanno via via esteso il periodo in cui le televisioni che già trasmettevano potevano mantenere la titolarità di più frequenze. (P.A.)