Call center, migliaia in piazza. I sindacati: ‘Cambiare le leggi sugli appalti’

di Paolo Anastasio |

Oggi a Roma la protesta nazionale contro le delocalizzazioni selvagge e le gare al massimo ribasso. Susanna Camusso (Cgil): Il Governo modifichi la legge sugli appalti’. Il viceministro del Mise Claudio De Vincenti: ‘Tavolo di confronti entro il mese’.

Italia


Corteo call center

Sciopero nazionale dei call center oggi a Roma, con circa 6-7 mila persone in corteo che hanno sfilato per protestare contro le delocalizzazioni selvagge e le gare al massimo ribasso, che hanno messo in ginocchio un settore che nel nostro paese dà lavoro a 80 mila addetti, per lo più giovani e donne al Sud. Dal palco della manifestazione in piazza SS Apostoli, organizzata da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil è arrivata la richiesta al Governo di modificare la legge sugli appalti dei call center. È quanto hanno chiesto i leader di Cgil, Cisl e Uil dal palco di piazza Santi Apostoli, al termine del corteo dei lavoratori dei call center. “Attenzione a lasciar fare alle imprese che per far crescere i profitti svalorizzano il lavoro”, ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.

 

Pronta la replica del Governo per bocca di Claudio De Vincenti, viceministro allo Sviluppo Economico: Lo sciopero dei lavoratori del call center “non trova il Governo né insensibile né impreparato, piuttosto, rappresenta uno stimolo a proseguire nel confronto già avviato con la categoria per trovare le risposte più adeguate a giuste esigenze”. De Vincenti ha aggiunto che un nuovo incontro al Mise al tavolo sui call center è previsto entro il mese di giugno.

 

Allarme dei sindacati

“Il governo può fare cose utili per trovare soluzioni al settore, a cominciare dalla modifica della legge sugli appalti per evitare che le imprese sfruttino certe situazioni”, ha detto il leader della Uil, Luigi Angeletti

“Chiediamo al governo di farsi carico del precariato e di dare incentivi fiscali alle imprese che occupano giovani, donne e persone del mezzogiorno”, ha affermato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.
Dai leader sindacali anche qualche stoccata al presidente del Consiglio: “Per cambiare non basta dire che ci si mette la faccia – ha fatto notare Camusso – bisogna togliere di mezzo chi ha frenato il Paese”.

“Renzi fa di tutto per dire che siamo ininfluenti – ha sottolineato Angeletti – ma il sindacato rappresenta la maggioranza dei lavoratori”.

“Più che una manifestazione quella di oggi è un vero e proprio grido di aiuto di 80.000 lavoratori e lavoratrici dei call center in outsourcing che vedono a rischio il proprio lavoro e il proprio futuro nella società”. Ha dichiarato, in una nota, Stefano Conti Segretario Nazionale UGL Telecomunicazioni.

 

“Siamo soddisfatti dell’adesione al corteo di oggi, con 6-7 mila persone in corteo a Roma, e dello sciopero nazionale dei call center, che ha toccato una media dell’80% con punte del 100% come ad esempio nella sede Almaviva di Palermo – ha detto Salvo Ugliarolo, segretario nazionale Uilcom Uil – per questo il nostro grande ringrazimento va ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno aderito alla protesta. Ci aspetta – continua Ugliarolo – un periodo difficile una lotta al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici che vedono minato non solo il loro avvenire ma anche il loro presente; il rischio precariato è sempre più vicino e non possiamo stare a guardare un settore che occupa solo in Italia circa 80.000 persone, andare in pezzi a causa di delocalizzazioni selvagge, assenza di regole precise e latitanza della politica”.


“Con i primi dati di adesione allo sciopero nazionale dei call center si profila un dato di adesione che va oltre le migliori previsioni – ha detto in una nota Riccardo Saccone, coordinatore nazionale delle Tlc di Slc Cgil – Da Almaviva a Call&Call, da Teleperformance a Comdata si registrano percentuali di partecipazione dell’ 87% con punte del 98%, con interi servizi di assistenza  bloccati. Positivi anche i primi commenti dal mondo della politica e delle istituzioni che, a partire dal Vice Ministro De Vincenti, stanno anch’essi indicando nella diversa disciplina dei cambi d’appalto una delle soluzioni per dare finalmente una dimensione industriale al settore”. 

 

Indagine conoscitiva alla Camera, rischio privacy all’estero

Pronte le manifestazioni di appoggio della politica a partire dal presidente della Camera Laura Boldrini: “Sugli 80 mila lavoratori dei call center a Montecitorio è in corso un’indagine conoscitiva – ha twittato Boldrini – Auspico l’impegno di tutti per recepire la direttiva Ue sugli appalti. Sono vicina ai dipendenti dei call center in piazza. La globalizzazione non sia erosione dei diritti qui e sfruttamento del lavoro dove mancano le tutele”.

Sulla stessa linea della Boldrini anche Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e attuale presidente della commissione Lavoro della Camera (Pd). “Come commissione Lavoro della Camera – ha spiegato – stiamo portando avanti un’indagine conoscitiva sui call center. Ci sono diversi problemi: dobbiamo rivedere la logica dell’appalto, rivitalizzare il settore e combattere le delocalizzazioni”.

A chi gli ricordava il pericolo per il diverso trattamento dei dati sensibili in altri Paesi, ha risposto: “Noi sappiamo che mentre in Italia c’è legge su privacy tassativa, in altro paesi non c’è questa garanzia sulla privacy. Stiamo lavorando anche su questo nell’indagine”. Damiano ha infine aggiunto: “Non sono uno di quelli che ritengono il settore un passaggio a Nord Ovest. Nel 2007 da ministro ha contribuito alla stabilizzazione di 25.000 precari. Il 70% sono donne, la maggior parte è sotto i 35 anni e con alta scolarizzazione. Questo è il futuro dell’Italia”.

La denuncia

“Migliaia di giovani siciliani rischiano il posto di lavoro a causa dei meccanismi perversi delle gare al massimo ribasso nel settore dei call center e delle delocalizzazioni delle attività all’estero, verso Paesi senza tutele per i lavoratori e senza garanzie certe sul trattamento dei dati sensibili gestiti dalle società di telefonia. Fenomeni drammatici che si ripercuotono pesantemente sull’economia dell’Isola e di città come Catania, capitale siciliana dei call center che sta pagando gli effetti di un mancato intervento da parte del Governo nazionale in questo settore. Si ponga immediatamente fine alla totale deregolamentazione, tutelando migliaia di lavoratori e incentivando le imprese sane a restare in Italia garantendo giusti salari ai propri dipendenti”. L’allarme arriva da parlamentare Pd Giuseppe Berretta, raccogliendo le istanze dei lavoratori dei call center, che proprio da Catania hanno avviato una battaglia contro le delocalizzazioni e contro le gare al massimo ribasso.

Nel mirino “la totale deregolamentazione di questo importante settore, che soltanto in Sicilia dà lavoro a circa 10 mila persone, in gran parte giovani e con una forte presenza femminile, a preoccuparci particolarmente” sottolinea ancora Berretta.

 

Bruciati 500 milioni di fondi in tre anni

“Sono stati spesi 500 milioni di euro in tre anni per non creare un solo posto di lavoro”. Lo denuncia Massimo Cestaro, segretario generale della Slc Cgil che chiede, con gli altri sindacati, la fine degli incentivi, buoni solo a drogare il mercato e creare concorrenza sleale. Il risultato è che il 10% delle chiamate in italiano è gestito dall’estero. E quando le aziende non superano la frontiera, si spostano comunque al Centro e al Sud, dove gli sgravi previsti per alcune regioni si sommano ai Fondi europei. Penalizzando le poche aziende che scelgono di stabilizzare. 

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