Italia
La dimensione della crisi dell’editoria è tale da gettare “ombre preoccupanti sul futuro di un settore la cui importanza non si esaurisce in una dimensione meramente economica, ma evoca valori di rilievo costituzionale. I modelli di business dell’editoria vanno ristudiati nell’ottica della smartphone revolution”. A lanciare l’allarme è Giulio Anselmi, presidente della Fieg, la Federazione degli editori, nel suo rapporto annuale sull’andamento economico del settore.
Basti pensare che nel 2013 il fatturato pubblicitario dei quotidiani è sceso del 19,4% – in peggioramento rispetto alla flessione del 17,5% nel 2012 – e i ricavi editoriali sono diminuiti dell’11,1%, a fronte di una flessione delle vendite del 6,5%. Anche peggio è andata ai periodici, che hanno registrato una flessione della pubblicità del 24,4%. In Italia il 55% dei ricavi pubblicitari resta concentrato sulla tv, che peraltro ha registrato una flessione del 10% nel 2013.
Dal 2006 al 2013 i ricavi pubblicitari dei quotidiani sono diminuiti di 630 milioni, con una flessione del 60%, a fronte di una contrazione delle vendite del 36%. In sette anni le vendite medie giornaliere sono crollate di 1,6 milioni di copie.
Unica nota positiva la crescita del 30,2% dei ricavi generati da servizi ed editoria online, anche se il fatturato derivante dai giornali online (replica digitale dei quotidiani) rappresenta appena il 4% del totale. Le copie digitali vendute nell’ultimo triennio sono passate da 176 a 359 mila. Ancora troppo poco, visto che “Il 90% dei ricavi del settore arriva ancora dalla carta”, sottolinea Anselmi.
Internet rappresenta un’opportunità e una sfida per il settore, l’unica possibilità per uscire dalle secche di una crisi della carta che sembra irreversibile anche perché la spesa delle famiglie in prodotti culturali, intesi come giornali e peridoci, è praticmanete dimezzata dal 2000 ad oggi.
Luca Lotti: ‘Dopo Pasqua le linee guida per 50 milioni di fondi’
“Assunzione dei giovani e ristrutturazioni delle crisi aziendali, che dovranno dare delle garanzie sull’occupazione”. Lo ha detto il sottosegretario all’Editoria Luca Lotti, illustrando le linee guida del governo per la gestione dei 50 milioni di euro previsti per quest’anno dal ‘fondo Legnini’ per l’editoria. Lotti, poi, annuncia che dopo Pasqua il governo vuol mettere in agenda degli incontri con le categorie per “illustrare le linee guida che vogliamo portare avanti per l’attuazione di questi decreti”. Il fondo Legnini prevede 120 milioni per il settore nel triennio.
Fra il 2009 e il 2013 persi 1.600 posti di lavoro
Tra il 2009 e il 2013, il numero dei giornalisti fuoriuscito dal settore dell’editoria giornalistica è stato di 1.662 unità, di cui 887 nell’area dei quotidiani e 638 in quella dei periodici. “L’aspetto preoccupante – sottolinea la Fieg – è che questo esodo ha colpito con particolare forza quanti dovrebbero garantire il ricambio generazionale all’interno delle imprese”.
Nel 2013 il calo più pronunciato è stato sofferto dai giornalisti occupati nei periodici (-7,7%), seguiti da quelli occupati nei quotidiani (-5,6%) e nelle agenzie di stampa (-3,9%). In media, il ridimensionamento della forza lavoro giornalistica è stato del 6,1% pari in valori assoluti a 602 unità lavorative in meno nei confronti del precedente anno.
“I giornalisti si devono adeguare alle mutate condizioni del settore, che si deve spostare in Rete – aggiunge Anselmi – l’Italia, Paese arretrato per penetrazione di Internet, è all’avanguardia nell’utilizzo dei devices di ultima generazione. L’informazione in mobilità è una realtà in crescita che va guardata con maggiore attenzione (anche se è evidente lo sforzo fatto al riguardo da molti gruppi editoriali)”.
Nei quotidiani, il numero dei praticanti che erano 173 nel 2009 si è più che dimezzato nel 2013, riducendosi a 75. Nei periodici, il fenomeno è stato più limitato: i praticanti sono diventati 113 dai 149 del 2009. Quanto alla popolazione poligrafica, nel 2013, si è verificata un’ulteriore riduzione degli addetti dell’8,3%. A farne maggiormente le spese sono stati gli impiegati (-265 addetti rispetto al 2012), ma anche gli operai (-155 addetti) non hanno potuto sottrarsi ad un processo di ridimensionamento che prosegue senza soste dal 2000.