Turchia: il Tribunale ordina lo sblocco di YouTube, ma Erdogan protesta

di Raffaella Natale |

YouTube torna online in Turchia per decisione della Corte costituzionale ma il premier Erdogan protesta: ‘Mi attengo al verdetto ma non rispetto la sentenza’.

Turchia


Tayyp Erdogan

YouTube torna online in Turchia. Lo hanno stabilito i giudici della Corte di Ankara, ritenendo illegittimo il provvedimento adottato dal premier Recep Tayyip Erdogan che inibiva l’accesso alla piattaforma di video streaming di Google. Una decisione che non è andata giù al premier che ha vivacemente protestato.

Le misure restrittive di Erdogan hanno colpito anche Twitter, nonostante la pronuncia del Tribunale di Ankara e la condanna del Commissario Ue Neelie Kroes, e l’emittente televisiva KanalTurk, legata al movimento d’opposizione Hizemt che fa capo al potete imam Fethullah Gulen.

 

Erdogan non ha condiviso la sentenza della Corte costituzionale: “Ci atteniamo ovviamente al verdetto – ha dichiarato – ma non devo rispettarlo“.  

Il primo ministro ha accusato la Corte di “aver messo da parte i valori morali e nazionali” per favorire quelle che sono “delle semplici società commerciali”.

“Ognuno può scegliere se acquistare o meno un prodotto – ha aggiunto – e ciò non ha nulla a che fare con le libertà”.

 

La decisione della Corte si inserisce in quella che è stata definita come una battaglia della Turchia contro i social network, dopo la chiusura di Facebook, YouTube e Twitter a causa della pubblicazione di alcune registrazioni che incriminerebbero lo stesso premier e il suo partito (Akp).

Bloccando l’accesso a tali piattaforme, però, Erdogan avrebbe violato le libertà di espressione e di pensiero, sancite dalla Costituzione.

 

L’inibizione di YouTube era stata decisa il 27 marzo, tre giorni prima delle elezioni municipali, stravinte dal partito di Erdogan.

La Corte di Ankara, pur avendo riconosciuto l’illegittimità del divieto totale di accesso a YouTube, ha comunque mantenuto la censura su 15 video giudicati fonti di possibili rischi per la sicurezza dello Stato.

 

La ragione per la quale Erdogan aveva accusato Twitter e YouTube di essere strumenti di propaganda dei suoi oppositori. Sui due sistemi erano, infatti, stati diffusi audio imbarazzanti sulle accuse di corruzione di uomini a lui vicini e da ultimo la registrazione di una riunione dei vertici dello Stato in cui si ipotizzava di aprire un conflitto con la Siria.

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