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Molto presto l’Agcom dovrà allinearsi con quanto stabilito dalla legge 44 del 2012, quella che ha cancellato tra l’altro il beauty contest, in merito alla revisione del canone che gli editori devono allo Stato annualmente per l’uso delle frequenze televisive.
Al momento, però, come dichiara l’Agcom a Key4biz, non c’è “nulla di definitivo, ma solo ipotesi di lavoro”, sul tavolo dell’Autorità. “Ipotesi – precisano – non approvate e tutte da verificare”.
Un argomento, riferiscono ancora dall’Agcom a Key4biz, del quale il Consiglio dell’Autorità il 13 marzo scorso ha “brevemente discusso e sul quale ha chiesto approfondimenti”, che ovviamente non ha ancora avuto perché servono “i tempi necessari” per poter definire al meglio la cosa.
“Nulla di definitivo”, quindi, ed è possibile che “vi saranno altre ipotesi” al vaglio.
La prossima riunione del Consiglio è stata fissata per il 9 aprile, l’ordine del giorno non è stato ancora stabilito, ma è difficile credere che si riparlerà della questione, visto che il Consiglio “ha chiesto approfondimenti“.
Stando alle informazioni riportare da alcuni organi di stampa, si ventilava una revisione del canone al rialzo per le Tv locali e di lauti sconti per i grossi broadcaster, come Rai e Mediaset. Al momento si tratta, però, solo di possibilità, visto che l’Agcom non ha ancora deciso nulla e al momento non è stata resa pubblica, come riferiscono a Key4biz anche operatori dell’audiovisivo, alcuna bozza di delibera.
Sulla cosa sono intervenuti anche il capogruppo del Pd in Commissione di Vigilanza Rai, Vinicio Peluffo, e il Segretario della commissione stessa Michele Anzaldi (Pd), per dire: “Sarebbe grave se sui canoni per le frequenze tv venissero concessi favori a Rai e Mediaset, con uno sconto a spese dei contribuenti. Chiederemo al viceministro alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, di valutare la situazione”.
Peluffo e Anzaldi hanno anche precisato che chiederanno che si valuti la possibilità di sentire in Vigilanza il presidente dell’Agcom, Angelo Cardani.
Finora gli editori nazionali hanno versato come canone l’1% del loro fatturato mentre le tv locali, un importo fisso di 17.776 euro.
La già citata legge 44 del 2012 ha però stabilito che questi ‘compensi’ vanno modificati.
Il Decreto Legge 16 del 2012, coordinato con la legge di conversione 44 ha introdotto le “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”.
Al comma 4 si stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico applica i contributi per l’utilizzo delle frequenze televisive stabiliti dall’Autorità, secondo le procedure del Codice delle comunicazioni elettroniche, al fine di “promuovere il pluralismo nonché’ l’uso efficiente e la valorizzazione dello spettro frequenziale secondo i principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione”.
L’Agcom ha finora prorogato il vecchio regime in vigore per l’analogico, rimandando la revisione dei contributi. Adesso è però chiamata a prendere una decisione.
E qui subentra il problema. Nel Codice delle comunicazioni elettroniche i canoni sono stabiliti solo per gli operatori tlc che versano molti più soldi rispetto ai broadcaster secondo sistemi che considerano parametri completamente differenti.
Estendere questo sistema anche alle tv, creerebbe grossi problemi, come l’industria ha già più volte denunciato all’Autorità, chiedendo di trovare un sistema di calcolo che produca lo stesso risultato finale di quello finora applicato.