Francia
Netflix ha deciso: nessuna sede in Francia. La piattaforma americana che offre contenuti in streaming, il cui sbarco Oltralpe è previsto per il prossimo autunno, ha ceduto sui vincoli riguardanti la produzione, ma non vuol sentire ragioni in merito al Paese da dove distribuirà i proprio servizi. Sarà Lussemburgo, dove la società ha già la sua sede europea. La notizia è stata riportata dal quotidiano economico Les Echos, che cita fonti vicine al dossier.
Una decisione che mette in difficoltà il governo francese ma che assicurerà grandi vantaggi alla web company: a Lussemburgo l’Iva è al 6% mentre in Francia al 20%.
Intanto, quindi, pagherà meno tasse, grazie alle agevolazioni previste dalle leggi del Gran Ducato che viene considerato un ‘paradiso fiscale’ ed è meta di altre multinazionali di Internet che con il famoso sistema del profit shifting si assicurano imposte al minimo dove vendono i loro servizi digitali.
OTT e tasse
E’ la famosa questione che riguarda gli OTT e la difficoltà dei Paesi europei, ma non solo, di riformare il quadro regolamentare sui tributi per aggiornarlo ai tempi di internet
In Italia, per esempio, la Web Tax, già in vigore per la parte riguardante la tracciabilità dei pagamenti per i servizi online, è stata congelata, per la forte opposizione politica, per le disposizioni che prevedono l’obbligo di partita Iva italiana per gli acquisti di eAdvertising per le quali si attende una previa verifica di compatibilità con il diritto dell’Ue.
Complessi meccanismi che intanto impediscono di contrastare le aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale alle quali ricorrono indisturbati i ‘furbetti’ della rete.
I vincoli francesi sulla produzione
Tornando alla Francia, Netflix lo aveva detto chiaramente nell’ultimo incontro con il Ministro alla Cultura Aurélie Filippetti, il problema sono i rigidi vincoli transalpini sulla produzione. Ovviamente la decisione di mantenere la sede a Lussemburgo e non aprirne una in Francia, metterà la società in una posizione di ‘vantaggio’ rispetto agli altri competitor francesi che avevano già fatto sentire la loro voce al governo.
Per calmare l’industria, Netflix ha già avviato trattative con alcuni produttori per produrre una fiction interamente francese.
Ma, avendo sede legale a Lussemburgo, non sarà costretta ad allinearsi al Decreto SMAD (Services de médias audiovisuels à la demande) che stabilisce precise e rigide condizioni sugli investimenti degli operatori, anche quelli internet, nella produzione francese.
Le norme impongono ai servizi di video on-demand di investire il 12% del fatturato in film e fiction francesi.
Il catalogo deve, inoltre, comprendere il 60% di film e fiction europee (di cui il 40% francesi). La homepage poi deve dare maggior grande spazio alle opere europee.
Impegni che erano molto difficili da rispettare per Netflix il cui servizio comprende quasi unicamente film e serie americane. Limiti che comunque non esistono a Lussemburgo.
Senza parlare del fatto che, avendo sede nel Gran Ducato, Netflix non avrà vincoli per le finestre temporali di distribuzione che, in Francia, gli avrebbero impedito di offrire film prima di 4 mesi dalla loro uscita in sala.
Inoltre se Netflix avesse avuto sede in Francia avrebbe dovuto versare al Centro nazionale del cinema (CNC) la tassa sui video, che ammonta al 2% del fatturato.
Secondo le stime della Banca Citi, Netflix potrebbe arrivare a 5 milioni di abbonati in Francia entro il 2020.
La decisione di mantenere la sua sede a Lussemburgo non sorprende. Intanto perché ha fatto così anche in occasione del suo lancio negli altri Paesi europei: Gran Bretagna e Irlanda, Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi.
Imbarazzo del governo francese
La decisione imbarazza il governo francese che non può costringere Netflix ad avere una sede in Francia.
“Pagherà le tasse“, aveva assicurato il Ministro Filippetti, aggiungendo: se così fosse, lo Stato dispiegherà “un arsenale di misure” per costringere Netflix a rispettare le regole.
Promesse che ovviamente si scontrano con la mancanza di ‘armi’ legislative per impedire alle web company di bypassare il fisco per traghettare i profitti nei paradisi fiscali, pagando al minimo le imposte nei paesi dove vendono i loro servizi.