Musica: le app mobili nuovo fronte per la pirateria

di Alessandra Talarico |

Enzo Mazza (FIMI): ‘La disponibilità su Google Play e iTunes di app che consentono di estrarre tracce audio e di scaricarle sui device costituisce una violazione della legge e la collaborazione delle aziende per contrastare il fenomeno è molto limitata’.

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Pirateria

Le app mobili hanno ormai soppiantato i servizi di file-sharing come fonte primaria per il download gratuito di musica negli Usa. Lo rivela un nuovo studio di NPD Group, secondo cui lo scorso anno circa 27 milioni di americani hanno utilizzato le app mobili per scaricare almeno un canzone. Nella maggior parte dei casi, però, si è trattato di un download illegale, dicono gli analisti che per la prima volta hanno provato a quantificare l’impatto degli smartphone sulla pirateria musicale.

 

Un impatto notevole e (forse) anche prevedibile, rispetto ai primi cellulari, con le loro reti lente e al massimo qualche suoneria da scaricare a suon di abbonamenti costosissimi e truffaldini nella maggior parte dei casi.

 

Come ha spiegato al nostro sito Enzo Mazza, presidente della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), il problema delle app “sta crescendo, soprattutto con riferimento anche a quelle che consentono il ripping da YuoTube, ormai una della fonti di download di brani originali”.

“Come è noto YouTube – ha aggiunto Enzo Mazza – è un servizio streaming che offre contenuti legali delle case discografiche. La disponibilità di app che consentono di estrarre la traccia audio e di scaricarla sul proprio device costituisce però una violazione della legge. Queste app si trovano sul markeplace di Google Play e spesso anche su iTunes e la collaborazione di queste aziende è molto limitata nell’arginare un fenomeno che danneggia anche YouTube e la stessa Apple.”

 

Per comprendere l’entità del fenomeno, basti pensare che solo lo store Google Play offre circa 250 app per scaricare file MP3 su smartphone e tablet. Alcune di queste app non fanno altro che offrire un collegamento a fonti di musica gratuita disponibili comunque online. La più popolare fra queste app è Music Maniac (ha totalizzato oltre 10 milioni di download) che offre accesso gratuito alle prime 10 canzoni della classifica Billboard Hot 100.

 

La RIAA (l’Associazione Americana dell’Industria Discografica) ha più volte richiesto la rimozione dell’app e inviato a Google diverse notifiche di violazione riferite ad altri servizi accessibili via app (come MP3skull.com). Ma le richieste in tal senso sono state rimandate al mittente da Google. Apple, secondo il parere di un manager dell’industria – riportato dal sito Re/Code – sarebbe invece più attenta a non inserire nel suo store app che potrebbero favorire la pirateria.

 

L’industria discografica è comunque ben consapevole che nuovi e più importanti sforzi saranno necessari per arginare questo nuovo fronte della pirateria. Se infatti gli smartphone erano stati inizialmente considerati strumenti in grado di rivitalizzare il business – portando, ad esempio, anche in Africa e in altre zone del mondo tagliate fuori dai circuiti di vendita tradizionale – la possibilità di acquistare musica legalmente, le cose sono decisamente cambiate nel giro di pochi anni.

 

Lo scorso anno, i ricavi dell’industria musicale globale sono scesi del 3,9% a 15 miliardi di dollari per via del crollo del mercato giapponese (-16,7%) che da solo rappresenta il 20% del mercato mondiale della musica.

Continua però la crescita dei servizi di digital download che rappresentano circa i due terzi dei ricavi digitali totali (il 67%).

Nel suo ultimo report annuale, l’ IFPI (International Federation of Phonographic Industry)  ha quindi denunciato che la pirateria resta sempre in agguato, sottolineando che nonostante l’efficacia del blocco dei siti web che violano il diritto d’autore per contrastare il fenomeno, il 26% degli utenti internet accede ancora a servizi illegali.

E queste percentuali non tengono conto degli accessi via smartphone e tablet.

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