La net neutrality è diventato un campo di battaglia dove si getteranno le basi di quello che sarà il futuro di internet davanti all’esplosione del video streaming.
Ma le posizioni sono diverse e contrapposte. Da un lato ci sono i fornitori di servizi come Netflix, Amazon o Google e dall’altro lato gli Isp che devono potenziare le loro reti per fronteggiare l’urgenza dell’aumentato traffico e soprattutto garantire servizi di qualità.
Tutto questo però ha un costo. Chi lo pagherà?
Questa è la questione principale che ha spinto il CEO di Netflix, Reed Hastings, a scrivere un post sul blog ufficiale dell’azienda, nel quale lamenta che questi costi ricadano sui fornitori di streaming e non su tutti gli abbonati di internet.
In completo disaccordo Jim Cicconi, Senior Executive Vice President-External e Legislative Affairs di AT&T, e Luigi Gambardella, presidente di ETNO, l’Associazione europea che rappresenta i principali operatori di telecomunicazioni.
Sulla net neutrality, ha osservato Gambardella, c’è un “equivoco di fondo“. “Condivido il principio di
Open Internet – ha commentato il presidente di ETNO – ma non posso accettarne l’interpretazione ‘free Internet, free lunch’. I costi per il potenziamento delle infrastrutture di rete devono essere pagati.
Accordo Netflix-Comcast
Ma veniamo ai fatti. Sulla scia della sentenza Verizon-Netflix, la compagnia di Hastings ha stretto un accordo con Comcast, per garantire una maggiore qualità di connessione per gli utenti che accedono alla sua vasta library di film e programmi tv.
I dettagli finanziari di questo compromesso ‘pluriennale’ non sono stati resi noti. Ciò che però si sa con certezza è che Netflix pagherà Comcast (gli insider parlano di diversi milioni di dollari, ndr), per arrivare direttamente ai suoi utenti senza intermediari e senza che il servizio subisca rallentamenti.
Finora la maggior parte del traffico Netflix – che nei momenti di punta arriva a rappresentare un terzo di tutto quello generato negli Usa – transitava sulle reti di Cogent (backbone provider), fornitore di banda larga, per arrivare ai cavi di Comcast. Ma la velocità garantita spesso era insufficiente ad assicurare immagini di qualità.
Questo accordo segna una data storica nella storia di internet. Intanto perché rivela il peso sempre più importante dei fornitori d’accesso nell’architettura decentralizzata del web, mentre la velocità scambiata sulle reti continua ad aumentare.
Per la prima volta, un fornitore di contenuti (Netflix) pagherà direttamente un access provider per arrivare ai suoi clienti.
Tuttavia nel suo post Hastings ha denunciato le conseguenze che accordi di questo tipo potrebbero avere sulla net neutrality.
Il post del Ceo di Netflix, Reed Hastings
Hastings ha sottolineato che “intese come quello con Comcast, che assicurano servizi d’alta qualità, ricadranno sui piccoli operatori” che non hanno le disponibilità economiche di Netflix.
“Gli Isp possono potenzialmente richiedere tasse sempre più alte per fornire servizi di alta qualità” e possono farlo, ha aggiunto il CEO, grazie alla loro posizione sul mercato: a breve “bisognerà pagare il pedaggio ai potenti ISP per garantire la nostra consumer experience”.
I servizi in streaming sono considerati divoratori di banda, questa è la ragione per la quale gli Isp vogliono che gli OTT partecipino ai costi delle infrastrutture.
Ma, ha indicato Hasting, “non possiamo partecipare anche alle entrate degli Isp, per cui questa ripartizione dei costi non ha senso”.
La replica di Jim Cicconi (AT&T)
Una posizione, quella di Hastigs, non condivisa da Jim Cicconi di AT&T. Cicconi parte dall’assunto che il consumo di banda da parte dei servizi di video streaming ha raggiunto livelli record. Questo richiede interventi da parte degli operatori per potenziare le loro reti.
Per gestire questo traffico, ha aggiunto Cicconi, le aziende devono dotarsi di maggiore capacità di banda. Se Netflix ha bisogno di maggiore banda, ha spiegato il manager di At&T, il provider dovrà fornire la capacità necessaria che risponda alle nuove richieste. E questo significa anche che Netflix avrà maggiori visualizzazioni e allargherà la propria base utenti, come confermano i dati secondo i quali la società ha registrato un aumento dei propri abbonati del 30% tra il 2012 e il 2013.
Come conseguenza, ha precisato Cicconi, AT&T dovrà essere pronta a offrire capacità di trasporto tali da supportare il nuovo traffico di Netflix.
Ma per Hastings i costi dovrebbero ricadere su tutti gli abbonati alla banda larga e non solo su quelli di Netflix. Posizione assurda per Cicconi che ha spiegato: “Quando Netflix consegna un film per posta, il costo della consegna è incluso nel prezzo che il cliente ha pagato. Sarebbe ingiusto e illegale per Netflix chiedere ai vicini del cliente di pagare la consegna del film. Eppure questo è quello che Hastigs chiede, in modo anche piuttosto ipocrita”.
Questo esempio è estendibile anche al servizio in streaming.
“C’è un costo da sostenere per distribuire i film di Hastings con la qualità che desidera e dovrebbe essere sostenuto da Netflix e recuperato nel prezzo dei suoi servizi”, ha precisato Cicconi, aggiungendo che “Non è giusto che Hastings chieda che gli Isp lo forniscano senza alcuna spesa, gratis”.
Così come non è giusto che “gli altri utenti internet, non interessati a Netflix, debbano essere costretti a pagare costi elevati” per questo potenziamento delle reti.
“Non c’è alcun pranzo gratis“, ha precisato Cicconi, così come “non c’è alcuna consegna gratis di film in streaming. Qualcuno deve pagare quel costo”.
La posizione di Luigi Gambardella (ETNO)
D’accordo con Jim Cicconi anche il presidente di ETNO, Luigi Gambardella. “Condivido che ci sia un equivoco di fondo nel dibattito sulla net neutrality“, ha commentato Gambardella, precisando che “pur condividendo il principio di Open Internet, non posso accettarne l’interpretazione ‘free Internet, free lunch'”.
“Credo che anche in Europa dovremmo evitare di adottare misure che vadano contro l’innovazione e contro servizi migliori e che alla fine potrebbero limitare la libertà degli utenti”.