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Equo compenso, tutto fermo in attesa del rientro di Dario Franceschini

Italia


Il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini tornerà al lavoro lunedì prossimo, dopo il malore che lo ha colpito lo scorso 8 marzo e il ricovero in ospedale con tanto di operazione chirurgica. Franceschini potrà così riprendere in mano il dossier sull’equo compenso, la cui revisione è legata alla sua firma attesa da tempo dagli autori (Siae in testa) e dai produttori di smartphone e tablet (Confindustria Digitale).

 

Non c’è un termine temporale entro il quale Franceschini deve prendere una decisione, per questo il provvedimento rischia di slittare ancora. Una patata bollente per il neo ministro, ereditata da Massimo Bray da tempo alle prese con la vicenda dell’adeguamento delle tariffe.

 

A favore dell’equo compenso si è schierato anche Paolo Sorrentino, aderendo alla petizione degli artisti inviata al ministero.

 

Nei giorni scorsi Gino Paoli, presidente della Siae, è tornato sull’argomento, ribadendo ancora una volta che l’adeguamento dell’equo compenso non dovrà gravare sulle tasche dei consumatori ma sulle casse dei produttori di smartphone e tablet.

 

Attualmente, secondo i calcoli di Confindustria Digitale, in Italia si paga una media di 1,38 euro pro capite per l’equo compenso, a fronte di una media europea di 1,41 euro. La proposta recepita dal decreto Bray prevede il passaggio dell’equo compenso dagli attuali 0,9 euro (per i vecchi cellulari) a 5,2 euro per gli smartphone; da 1,9 euro (per pc senza masterizzatore) a 5 euro per i tablet; 5 euro per le smart tv; l’aumento da 2,4 euro a 6 euro per i computer con masterizzatore; il passaggio da 0,5 euro per gigabyte a 0,9 euro per gigabyte per le memorie trasferibili; la soppressione dell’equo compenso per gli HD-dvd e la diminuzione per dvd e blu ray. Da 0,41 centesimi a 0,21 e 0,20 centesimi rispettivamente per gigabit.

 

Secondo le ultime indiscrezioni il Mibact starebbe valutando un leggero abbattimento delle tariffe rispetto alle cifre sopraindicate. 

 

La Siae sostiene che l’equo compenso per copia privata in Francia è di 8 euro e in Germania di 36 euro. Confindustria Digitale replica affermando che l’equo compenso è una tassa occulta sui dispositivi che porta nelle casse della Siae 200 milioni di euro. 

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