Italia
Come autrice della prima riforma di genere nel Contratto vigente Rai-Governo, chiedo di attuare gli impegni assunti, a partire dal programma sulle donne.
Spenti i riflettori sulle celebrazioni dell’8 marzo. Spenti anche gli slanci che vorrebbero tutti proiettati verso le più aperte intenzioni a realizzare quella parità sostanziale di genere sancita dalla nostra Costituzione. Spente le speranze di inserire, nel voto alla camera sulla riforma elettorale, misure correttive per la pari rappresentanza in parlamento. Un’occasione mancata?
Siamo abituati alla delusione del giorno dopo. Ho partecipato all’8 marzo che il Presidente della Repubblica da 8 anni promuove al Quirinale. Quest’anno l’atmosfera era ancora più toccante, forse per la presenza di quella giovane avvocata, Lucia Annibali, sfigurata da un uomo su mandato del suo ex che non ha accettato la fine della storia, la libera scelta di Lucia. Quel viso ancora dolcissimo e bello nonostante l’offesa, quella sua pacata determinazione, quella sua forza vibrante ci ha toccato nell’anima. Anche il Presidente, Giorgio Napolitano, ci è parso ancora più partecipe. Complice, forse, la consapevolezza che il tempo per fare le cose stringe sul filo del suo secondo mandato.
8 marzo al Quirinale: una folta partecipazione di donne ma non un gineceo. Nessun paternalismo ma la consapevolezza della risorsa pazzesca di professionalità e umanità che le donne offrono ogni giorno alla società e riflettori puntati su tutto ciò, alla presenza di uomini e donne. Questo è il punto, aumentare la consapevolezza del grande contributo di crescita, anche economica, offerto dalle donne che vivono, operano e si impegnano nel nostro Paese. Questa consapevolezza diffusa è l’anello debole mancante su cui ancora dobbiamo impegnarci per un cambio di passo culturale, il solo che renderà superfluo qualsivoglia provvedimento a colpi di quote o altro. E’ quella parità di percezione e di giudizio, tra realtà femminile e maschile, la base imprescindibile per un reale pari trattamento, la conditio sine qua non per far emergere donne e uomini allo stesso modo.
A che punto siamo in Italia? Ce lo racconta bene l’Osservatorio di Pavia, autore del primo monitoraggio sull’attività della TV pubblica, che pure ha dei doveri in più rispetto agli altri mezzi di comunicazione. Nel settore cruciale, quello dell’informazione, si scopre che nei Tg, nei programmi di approfondimento e nei programmi di attualità, le donne appaiono evidentemente svantaggiate: tra gli esperti e gli intervistati, è maschio l’83% dei protagonisti nei Tg, il 92% nell’approfondimento informativo, come Porta a Porta, Ballarò, Report, e il 70% nei programmi d’attualità, come Chi l’ha visto, Che tempo che fa.
Questo “femminicidio mediatico“, rimozione sistematica, penetra nella formazione del nostro immaginario, affermando inconsapevolmente che se dovessimo figurarci un esperto di economia, di politica, di scienza o quant’altro, ebbene sicuramente ci aspetteremmo una figura maschile. Quando ciò diventa “normale”, che spazio c’è all’alternativa? Quasi nullo e non ci sono quote che tengano.
E’ capitato anche nel convegno dal titolo “Donna è…“, promosso da Rai poco prima dell’8 marzo con tutti i buoni intenti di dare attenzione alle capacità femminili; nel tavolo sull’innovazione e scienza, nessuna relatrice dagli Enti Pubblici di Ricerca, quali CNR, ENEA, INFN, INdAM, con il conseguente risultato di non aver minimamente offerto un quadro dell’eccellenza scientifica italiana. Non abbiamo donne in questo settore? Nel tavolo sulla comunicazione e i media nessun riferimento alla prima riforma di genere della Rai, promossa da un folto gruppo di donne e uomini, l’Appello Donne e Media, con il sostegno di key4biz, che hanno ottenuto un consenso vastissimo in rete. Rimozione. Eppure sarebbe stato di interesse per gli studenti universitari in collegamento con l’evento, conoscere un caso concreto di e-government, una riforma scritta da una donna ma che ha trovato la sua forza e il suo consenso nel web. Non valeva la pena accendere i riflettori?
Spente le luci delle celebrazioni, torniamo alla realtà. Ora chiediamo un segnale concreto. Chiediamo all’azienda concessionaria del servizio pubblico televisivo di dare attuazione all’articolo 9, comma 2b, del vigente Contratto di servizio che impegna la Rai, per legge, in base al Testo Unico della Radiotelevisione, a produrre “trasmissioni idonee a comunicare al pubblico una più completa e realistica rappresentazione del ruolo che le donne svolgono nella vita sociale, culturale, economica del Paese, nelle istituzioni e nella famiglia, valorizzandone le opportunità, l’impegno ed i successi conseguiti nei diversi settori, in adempimento dei principi costituzionali“.
Basterebbe ispirarsi alla giornata dell’8 marzo al Quirinale. Possibile che un prezioso parterre di donne debba comparire solo una volta l’anno, per sensibilità del Presidente della Repubblica, per poi essere dimenticate da tutti, in primis dal racconto mediatico dei mezzi di comunicazione? Sotto i riflettori finché fa notizia per chi ne parla. Buio totale e dimenticatoio per il resto del tempo, nell’improbo sforzo di raccontarci e dimostrare quanto meritiamo. Usciamo presto da questo corto circuito. Accendiamo l’attenzione anche dopo l’8 marzo. Cominciamo dalla Rai.