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Le chat dei giochi più usati sugli smartphone (Ruzzle, per dirne uno) sono sempre più utilizzate dai giovanissimi per comunicare col proprio spacciatore, essendo percepite come più ‘sicure’ rispetto alla classica telefonata, alle email, ma anche rispetto ai più diffusi servizi di instant messaging come Skype e Whatsapp. E’ quanto emerge da un’analisi della startup Appstorming, che si è servita della sua rete di ‘Cool Hunter’ sparsi per il mondo.
Le chat dei giochi sugli smartphone veicolano quotidianamente centinaia di migliaia di messaggi e i ragazzi si sentono più al sicuro ad affidare le loro trattative a questi strumenti, percependoli come a prova di intercettazione, anche perché i server utilizzati da questi servizi sono situati al di fuori del nostro paese.
Un altro metodo forse ancora non proprio mainstream ma comunque in crescita per l’approvvigionamento di sostanze illegali è l’uso dei droni. Una tecnologia non proprio alla portata di tutti ma che comunque si sta facendo largo nel mondo dello spaccio.
Ma cosa si nasconde dietro queste nuove tendenze che vanno prendendo piede tra i giovanissimi? Certo, non si può attribuire alla tecnologia la causa del dilagare delle droghe. L’utilizzo di ‘furberie’ tecnologiche, volte a raggiungere il proprio obbiettivo è semmai il segnale di un malessere sempre più diffuso e di una mancanza di valori che caratterizza il mondo ‘reale’ più che quello offline.
E oggi, che la rete ha sostituito la Tv quale ‘baby sitter’ dei nostri ragazzi, il problema è molto più pressante perché il web apre a infinite opportunità, positive e negative a seconda di chi la usa.
Come ci ha spiegato la psicoterapeuta, Paola Vinciguerra, presidente dell’Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, “è ovvio che più si globalizza l’informazione, più si globalizzano i contatti, maggiori saranno le possibilità di uscire fuori dal controllo e dalla tracciabilità dei dati e dei movimenti”.
Anche in questo caso, dunque, ha sottolineato Paola Vinciguerra, bisognerebbe “ricentrare l’attenzione sull’educazione e sui valori che si trasmettono ai ragazzi, prestare maggiore attenzione all’uso che essi fanno dei preziosi strumenti offerti dalla rete, senza in alcun modo demonizzarli”.
“I modelli che forniamo ai nostri figli sono modelli che useranno anche nella vita così come nell’uso delle tecnologie dove tutto è concesso, dove non sono chiari i confini tra giusto e sbagliato”, ci ha detto ancora Paola Vinciguerra, sottolineando la necessità di “…intervenire sui messaggi sociali non sulle tecnologie, che sono un patrimonio eccezionale”.
Come sempre, insomma, non si può certo attribuire la colpa di un comportamento alla tecnologia, perché sono sempre gli individui a usarla, nel bene e nel male.