Europa
Forse non tutti sono consapevoli del fatto che i minerali e i metalli contenuti nei cellulari e nei Pc – come stagno, tantalio, tungsteno e oro – fomentano sanguinosi conflitti in diverse aree del mondo, come quello in corso nella repubblica democratica del Congo.
Un circolo vizioso che l’Europa – uno dei maggiori mercati di tali minerali e metalli, con oltre 400 importatori – vuole interrompere per mezzo di un pacchetto di misure che renderà più difficile per i gruppi armati operanti in zone di conflitto finanziare le loro attività mediante l’estrazione ed il commercio di minerali.
La strategia si compone di un progetto di un regolamento che istituisce un sistema Ue di autocertificazione per gli importatori di stagno, tantalio, tungsteno e oro. Tali soggetti dovranno garantire che la gestione ed il monitoraggio della catena di approvvigionamento e delle vendite rispettino le cinque tappe previste dalla guida dell’OCSE sul dovere di diligenza della catena di fornitori. Linee guida volte a evitare che con la propria attività si sostengano indirettamente i conflitti o si contribuisca alla violazione dei diritti dell’uomo.
La proposta di regolamento è accompagnata da una “comunicazione“, un documento che delinea una strategia globale di politica estera volta a spezzare il collegamento tra i conflitti armati e il commercio di minerali estratti nelle zone interessate dai conflitti.
Per accrescere la responsabilità di fonditori e raffinatori nei confronti del pubblico, aumentare la trasparenza delle catene di approvvigionamento e favorire un rifornimento responsabile di minerali, l’Unione europea intende inoltre pubblicare un elenco annuale di “fonditori e raffinatori responsabili” a livello Ue e globale.
La strategia di commercio responsabile è stata presentata dall’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton e dal Commissario per il Commercio Karel De Gucht, secondo cui l’iniziativa sui “minerali dei conflitti” rappresenta un “primo contributo dell’Ue a sostegno di un consenso raggiunto dal mondo imprenditoriale, dalla società civile e dai governi dei paesi dell’OCSE per permettere alle comunità di beneficiare delle loro risorse naturali”.