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Call center: UK in controtendenza. EE riporta a casa le attività di customer service

Regno Unito


Seguendo un trend opposto rispetto a quanto sta avvenendo in Italia sul fronte della delocalizzazione selvaggia dei call center il principale operatore mobile del Regno Unito, EE, ha appena annunciato di voler riportare ‘a casa’ le attività di customer care, basate per lo più nelle Filippine.

Un ‘rientro’ che creerà più di mille nuovi posti di lavoro, 250 dei quali in Irlanda del Nord.

EE, secondo quanto riferito dal Financial Times, triplicherà le dimensioni del suo programma di praticantato entro il 2015 e investirà 50 milioni di sterline nelle piattaforme di customer service nel 2014. Circa 350 persone saranno impiegate grazie all’apertura di 50 punti vendita.

 

Una piccola boccata d’ossigeno in un momento di forte crisi occupazionale anche nel Regno Unito, dove il livello di disoccupazione è salito al 7,2% nell’ultimo trimestre dello scorso anno.

 

Tra i grandi gruppi che hanno fatto rientrare i call center nel Regno Unito ci sono già Santander UK, United Utilities e BT, ma la tendenza è in corso oltremanica già da un paio d’anni, con le aziende di diversi settori – dal tessile al manifatturiero, passando dai software e, appunto, dai call center – che hanno riportato il lavoro nel paese.

Una retromarcia che il quotidiano della City attribuisce in parte all’aumento dei costi di produzione che ha interessato la Cina ma anche alla volontà della aziende di migliorare la qualità e di accorciare i tempi di consegna.

 

Secondo i dati dell’agenzia governativa UK Trade and Investment, dal 2011 sono stati circa 1.500 i posti di lavoro riportati in patria dall’estero nel settore manifatturiero. Si tratta comunque di numeri ancora esigui rispetto agli 80 mila posti di lavoro recuperati negli Usa negli ultimi tre anni e mezzo.

Anche il Governo si sta attivando per aiutare le aziende decise a riportare la produzione o i servizi di assistenza clienti in patria.

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