Italia
Deve essere il giudice nazionale, sulle base delle indicazioni fornite dalla Commissione europea, ha stabilire l’importo che Mediaset deve restituire allo Stato per avere goduto di aiuti illegittimi. Lo ha stabilito oggi la Corte di giustizia Ue per il caso che coinvolge la tv della famiglia Berlusconi per i contributi pubblici concessi nel 2004 e 2005 per l’acquisto dei decoder della Tv digitale terrestre.
Bruxelles ha, infatti, ritenuto tali aiuti non compatibili con le disposizioni europee e invitato alla restituzione.
Misura non condivisa dall’azienda di Cologno Monzese che ha impugnato dinanzi al Tribunale Ue la decisione di Bruxelles, assumendo che la stessa violasse il principio della certezza del diritto, sostenendo che il metodo di calcolo usato per definire l’ammontare degli importi dovuti non fosse né efficace, né trasparente, né adeguato.
Mediaset ha fatto ricorso anche al Tribunale civile di Roma che si è rivolto alla Corte di Giustizia Ue per avere chiarimento per chiarire se il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull’importo dell’aiuto di Stato da recuperare, sia ormai vincolato, sia sotto il profilo del “se” che sotto quello del “quanto”, alla decisione della Commissione del 24 gennaio 2007.
Nel 2007 la Ue, dichiarando illegittimi tali aiuti di Stato, aveva imposto all’Italia di procedere al recupero nei confronti dei beneficiari. In una successiva lettera, la Commissione stessa aveva precisato che l’importo da chiedere a Mediaset era di 4,9 milioni; il giudice aveva aggiunto gli interessi stabilendo nel 2009 che la somma, poi restituita, doveva essere pari a 5,969 milioni.
Nella sentenza pubblicata oggi, in seguito a una richiesta del giudice italiano, la Corte precisa che “qualora la Commissione, nella sua decisione, non abbia identificato i beneficiari né determinato con precisione gli importi da restituire, il giudice nazionale può dunque concludere, senza rimettere in discussione la validità della decisione né l’obbligo di restituzione degli aiuti, che l’importo da restituire è pari a zero, quando una simile conclusione derivi dai calcoli effettuati sulla base dell’insieme degli elementi rilevanti portati a sua conoscenza“.
In questo caso, però, la Commissione, che non aveva indicato beneficiari e importi nella prima decisione, l’aveva fatto con una lettera successiva.
“Nella misura in cui gli elementi contenuti nelle prese di posizione della Commissione mirano a facilitare la realizzazione del compito delle autorità nazionali nell’ambito dell’esecuzione della decisione di recupero – precisa oggi la Corte – il giudice nazionale deve tenerne conto ai fini della valutazione della controversia e motivare la propria decisione alla luce dell’insieme degli atti contenuti nel fascicolo che è stato sottoposto alla sua attenzione”.
Ma vediamo in dettaglio come si è sviluppata la vicenda. Con la Legge Finanziaria del 2004, l’Italia ha concesso un contributo pubblico di 150 euro a ogni utente che acquistasse o noleggiasse un apparecchio per la ricezione, in chiaro, della Tv digitale terrestre (T-DVB/C-DVB). Il limite di spesa del contributo è stato fissato a 110 milioni euro. La Legge Finanziaria del 2005 ha reiterato tale provvedimento nello stesso limite di spesa, riducendo tuttavia il contributo per ogni singolo decoder digitale a 70 euro.
Nel 2007 la Commissione Ue ha ritenuto che il contributo per l’acquisto di decoder digitali costituisse aiuto alle emittenti televisive, incompatibile con il Trattato CE, per questa ragione gli operatori sono stati chiamati a rimborsare le somme corrispondenti ai vantaggi in tal modo ottenuti.
La Commissione non ha quantificato direttamente il vantaggio ma ha fornito indicazioni sul metodo da adottare attraverso il calcolo dell’importo dei prodotti supplementari generati, grazie alla misura in esame, dai nuovi servizi digitali e dalle offerte di televisione a pagamento o di pay-per-view.
È seguita un’istruttoria all’esito della quale la stessa Commissione europea ha concordato con le valutazioni esplicite dallo Stato italiano per i beneficiari TI Media e Fastweb per i quali i profitti supplementari per gli anni 2004-2005 erano negativi e che quindi l’aiuto da recuperare fosse pari a zero. Con riguardo invece a Mediaset ha ritenuto che l’aiuto da recuperare ammontasse a 5,969 milioni.
Mediaset si è opposta all’ingiunzione e ha inoltre impugnato dinanzi al Tribunale Ue la decisione della Commissione assumendo che la stessa violasse il principio della certezza del diritto.
La Commissione ha fissato i criteri per la determinazione del quantum. Da questa emerge che, in sede di esecuzione della decisione, lo Stato italiano avrebbe potuto interpellare la Commissione sottoponendo i problemi alla sua valutazione e proponendo opportune modifiche. Da qui poi il ricorso del Tribunale di Roma presso la Corte di Giustizia Ue che oggi s’è pronunciata.