Italia
Mentre il presidente François Hollande sta discutendo con Barack Obama una soluzione per fermare le aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale messe in piedi dai giganti di internet, Google in primis, per eludere le tasse, in Italia arrivano le prime stime di quanto arriverà nelle casse dello Stato grazie all’emendamento alla Legge di Stabilità promosso dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, l’on. Francesco Boccia (Pd).
Grazie a questa norma, si prevede che per fine anno entreranno nelle casse dell’erario circa 130 milioni di euro mentre con l’obbligo di partita Iva italiana si avrebbero altri 500 milioni di euro.
Google dovrebbe essere il maggiore contribuente visto che sarebbe la seconda concessionaria pubblicitaria italiana dopo Publitalia, con la differenza che la prima riesce a fatturare cifre da capogiro operando solo su internet, l’altra sulle reti televisive Mediaset.
La web company continua a mantenere la sua posizione di grande forza nella pubblicità online, controllando un terzo del mercato globale. Un ruolo incontrastato che già nel 2012 è stato denunciato dal presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella che ha paventato il rischio di monopolio da parte dell’azienda di Mountain View, e anche dall’Agcom.
In Italia, il gruppo americano detiene il 40% nella raccolta di pubblicità online. La quota è stata accertata dall’Antitrust che ha aperto un’indagine alla quale s’è adesso affiancata l’Agcom.
Secondo l’Osservatorio sulla pubblicità dell’Agcom, “dal 2005 la pubblicità sui mezzi classici si è ridotta a favore di quella online, cresciuta di oltre il 1000%, e gli investimenti in web marketing superano i 3 miliardi di euro”.
Questo spiega forse perché la norma di Boccia, sebbene abbia inizialmente registrato contrasti anche dentro al Pd, stia adesso raccogliendo il favore di molti. Ultimo dato, il voto contro gli emendamenti Capezzone che miravano a cancellare la cosiddetta Web Tax. Operazione riuscita anche grazie al voto di un nome d’eccezione, l’on. Itzhak Yoram Gutgeld (Pd), economista israeliano che è diventato consigliere e “guru” del segretario del Pd Matteo Renzi che ha sempre criticato l’emendamento di Boccia.
La Web Tax è già in vigore per la parte che riguarda la tracciabilità dei pagamenti destinati alle aziende che vendono beni e servizi online.
“Ci stiamo confrontando con il responsabile economico del partito Filippo Taddei, di cui comprendo i timori, confronto che per il momento è in pausa, ma che riprenderò appena la Francia ufficializzerà la maxi-sanzione nei confronti di Google“, ha dichiarato Boccia.
Proprio dalla Francia potrebbe, infatti, arrivare un assist importante alla Web Tax italiana perché alla società di Mountain View dovrebbe essere comminata una multa da 1 miliardo di euro per aver eluso le tasse d’oltralpe. Nel mirino del fisco francese anche Facebook e LinkedIn.
Anche la Ue sta lavorando sul dossier web e fisco, ma al momento non c’è ancora nulla di concreto.
“Non possiamo permetterci di aspettare ulteriormente“, ha osservato Francesco Boccia, “ora che anche i francesi hanno dichiarato guerra ai giganti del web l’Ue non potrà limitarsi a fermare il provvedimento, ma dovrà dire in maniera chiara come intende intervenire e in che tempi”.
Dal 1° gennaio in Italia grazie a Boccia è scattato l’obbligo che l’acquisto avvenga mediante strumenti di pagamento tracciabili che riportino i dati identificativi del beneficiario.
L’adempimento comporta un meccanismo di monitoraggio collegato che impone agli intermediari finanziari una comunicazione delle operazioni direttamente all’Agenzia delle Entrate.
In base a questo emendamento alla Legge di Stabilità, i soggetti che acquistano servizi di pubblicità per internet dovranno preoccuparsi d’ora in avanti di acquistarli sempre tramite mezzi di pagamento tracciabili.
Bisognerà, invece, aspettare il 1° luglio 2014 per l’entrata in vigore della disposizione che prevede che gli acquisti di pubblicità online avvengano sempre e comunque attraverso una partita Iva italiana. Una norma questa che porterà invece circa 500 milioni di euro di gettito fiscale.
In particolare, la Web Tax prevede che le aziende che vendono pubblicità online, specie le grandi web company come Google che sull’eAdvertising hanno costruito le loro fortune versando solo le briciole all’erario, dovranno disporre di partita Iva italiana e adeguarsi al regime fiscale del nostro paese.
Fondamentale anche la parte dell’emendamento che riguarda la stabile organizzazione e tracciabilità dei profitti visto che finora le leggi consentivano agli Over-The-Top (Google, Facebook, Amazon ed Apple) di ricorrere a una serie di artifici per sottrarsi al pagamento delle tasse nei Paesi dove vendono servizi per traghettare i profitti nei paradisi fiscali.