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Equo compenso, smentita del Mibact: ‘Nessuna tassa in arrivo su smartphone e tablet’

Italia


Nessuna nuova tassa in arrivo, almeno per ora, sull’acquisto di smartphone e tablet. A precisarlo è il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, che spegne così le voci di stampa sul via libera al decreto che rivede le tariffe sull’equo compenso. Dal ministero fanno sapere che non c’è ancora una tempistica certa per l’approvazione del Decreto di revisione dell’Equo Compenso, il contributo versato alla Siae dai produttori e dagli importatori di dispositivi elettronici (pc, chievatte Usb, Mp3, tablet, smartphone, cellulari, Blu Ray, cd, dvd, Smart Tv) come indennizzo per la copia privata di brani musicali e film, a favore dei titolari dei diritti. Il decreto al momento si trova sul tavolo del ministro Massimo Bray.

 

“Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo precisa che, rispetto alle notizie uscite a mezzo stampa su una nuova “tassa sui telefonini nei prossimi giorni”, non è prevista nessuna tassa su smartphone e tablet e le ipotetiche tariffe pubblicate in merito agli aumenti di costo sono infondate”, si legge in una nota del Mibact, che replica così ad un articolo pubblicato oggi sul sito Corriere.it, secondo cui sarebbero in arrivo aumenti nell’ordine del 500% rispetto all’imposta attuale, al momento dell’acquisto di qualsiasi strumento tecnologico con memoria interna. In altre parole, 5 euro in più per l’acquisto di uno smartphone (oggi è di 90 centesimi) e per il tablet e di 40 euro per per i decoder con memoria interna da 400 GB.

 

“La norma a cui si fa riferimento è quella relativa all’equo compenso per i produttori di contenuti – continua la nota del Mibact – regolata attraverso decreto ministeriale, in attuazione di una norma vincolante europea che impone rinnovi triennali”.

 

Il precedente decreto del 2009, firmato all’epoca dal ministro Bondi, è già scaduto e “il ministro Massimo Bray sta lavorando a una soluzione condivisa, nel rispetto e nella difesa del valore del diritto d’autore, ascoltando tutte le categorie interessate per raggiungere una decisione equilibrata nell’interesse degli autori, dei produttori di smartphone e tablet e, soprattutto, dei cittadini fruitori degli stessi”, chiude la nota.

 

C’è da dire che la decisione di Bray sul Decreto, attesa per fine gennaio, è già in ritardo. Cresce quindi l’attesa, visto che la revisione al rialzo dell’imposta è nel mirino delle aziende hitech e in particolare di Confindustria Digitale, che già lo scorso dicembre ha attaccato l’eventuale aumento come un favore alla Siae, che “porterebbe nelle sue casse 200 milioni di euro in più con l’aumento ventilato del 500% della gabella”, ha detto il presidente Stefano Parisi, minacciando una pioggia di ricorsi al Tar da parte delle aziende. 

Sulla stessa linea di Confindustria Digitale si è schiarata oggi anche Confcommercio.

 Anche le associazioni dei consumatori, fra cui Adiconsum e Adoc, si sono schierate contro la revisione al rialzo dell’equo compenso, definita una “tassa da Medioevo” dall’Adiconsum.

 

Sul versante opposto, sulla stessa linea del Mibact, si schiera invece Confindustria Cultura Italia. “Come sottolineato anche dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è priva di fondamento l’ipotesi per la quale l’industria culturale, gli editori e gli autori di questo Paese hanno chiesto al Governo una nuova tassa sui dispositivi di nuova generazione (smartphone, tablet ecc). Le cifre che circolano sui mezzi di informazione non corrispondono al vero e servono soltanto a creare disinformazione e inutili polemiche tra gli operatori”, si legge in una nota dell’associazione, che prende posizione per ribadire che “l’adeguamento dei compensi per le riproduzioni personali a scopo privato di opere digitali è un atto dovuto dalla legge ed è finalizzato a sostenere la cultura di questo Paese e i lavoratori del settore. Come succede ovunque in Europa”.

 

“Non è in discussione l’innovazione tecnologica a cui l’industria dà linfa e sostegno, mettendo a disposizione le proprie opere a beneficio dei consumatori e del mercato – chiude la nota – Qui si tratta di allineare i compensi al mutato contesto degli utilizzi e dell’evoluzione dei dispositivi di comunicazione elettronica, in linea con i principali modelli Europei che sono di dimensioni ben maggiori”.

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