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ICT: l’Europa a rischio ‘desertificazione digitale’

Europa


L’Europa rischia la desertificazione digitale? Sì, se continua a tentennare sul fronte degli investimenti ICT. E’ questo uno degli scenari – il peggiore in realtà – tratteggiati dal rapporto ‘Unlocking the ICT growth potential in Europe: Enabling people and businesses‘ realizzato per la Commissione europea da The Conference Board e che evidenzia i rischi e i limiti in termini di crescita, flessibilità ed efficienza, del protrarsi di uno scenario europeo frammentato e caratterizzato dalla mancanza di integrazione nel settore dei servizi ICT.

 

Il rapporto, riprendendo anche il parere di diversi esperti del settore, sottolinea che l’Europa, pur essendo ben posizionata per beneficiare del potenziale dell’ICT nel futuro, sta perdendo troppo tempo, questo il parere degli analisti, e rischia di restare ai margini di un settore essenziale per la crescita e il benessere. Un settore, quello delle nuove tecnologie digitali, di cui è stata pioniera ma che ora vede altre economie primeggiare e raccogliere i frutti.

 

La ‘velocità’ è dunque una parola chiave, in più di un senso: l’Europa ha bisogno di reti fisse e mobili ad alta velocità e ne ha bisogno velocemente per non perdere ulteriore terreno nei confronti di altre regioni che invece corrono spedite verso la fibra ottica e la banda larga mobile di nuova generazione.

A sostegno dell’urgenza di un cambio deciso di passo, gli analisti forniscono alcuni dati che fanno capire quanto l’Europa sia in difficoltà: ad esempio, dicono, le aziende europee hanno perso il 21% dei profitti complessivi tra il 2006 e il 2011 a vantaggio di quelle di altre regioni. Nel mercato dei cellulari, in particolare, i produttori europei hanno perso il 22% della loro quota di mercato a vantaggio di quelli asiatici e americani tra il 2007 e il 2012. Tra gli attuali leader nei settori dei servizi e delle applicazioni (Google, Facebook, eBay, Yahoo, Baidu e Tencent) nessuno ha sede in  Europa. Nessuno dei 10 siti più visitati è europeo e negli Usa – conclude il report – viene depositato un numero di domande di brevetto 5 volte maggiore che in Europa.

 

È pertanto necessario accelerare sul versante degli investimenti per evitare ulteriori arretramenti e perdere altro terreno in termini di competitività. Il report sottolinea in particolare come le telco americane e asiatiche, a differenza di quelle europee, “hanno già effettuato massicci investimenti per aggiornare le loro reti, concentrandosi in particolare sulla fibra, una tecnologia di gran lunga migliore per sostenere l’incremento del traffico dati”.

Inoltre, spiega il rapporto, l’Europa non è indietro solo rispetto alle grandi economie, ma rischia di essere superata anche da quelle emergenti che stanno rapidamente avanzando sul fronte delle nuove tecnologie.

“Non riuscire a invertire il trend degli investimenti nelle telecomunicazioni pone un serio rischio la competitività e impedisce all’Europa di cogliere i frutti di un incremento della produttività, della crescita e del benessere dei consumatori”, si legge nel rapporto, che evidenzia poi come per invertire il trend sia necessario “rivedere il quadro regolamentare europeo per consentire la ripresa dei ricavi, dei profitti e degli investimenti”.

Pur riconoscendo che “alcuni Stati membri e l’Unione europea nel suo complesso hanno avviato alcune misure politiche incoraggianti”, gli analisti  sottolineano che “solo con una riforma più audace si potrà raggiungere il livello di modernizzazione degli investimenti di cui l’Europa ha bisogno per ristabilire la competitività e abilitare la futura crescita economica a vantaggio dei consumatori”.

Bisogna pertanto andare oltre i vecchi modelli di finanziamento delle infrastrutture, che non funzionano più, perché i margini sono stati fortemente intaccati dalla concorrenza e, soprattutto, perché gli operatori – alla ricerca di nuovi modelli per il sostenimento del loro business – sono riluttanti a investire in assenza della necessaria prevedibilità regolamentare.

 

La valutazione degli effetti dell’ICT sulla competitività delle imprese e il benessere dei cittadini dipende da una complessa combinazione di fattori – disponibilità e ubiquità delle infrastrutture, collaborazione pubblico-privato per favorire le skills e la propensione a far uso dell’ICT, contesto regolamentare ‘business-friendly’ – e da una più ampia valutazione del contesto economico, sociale e politico. Ma gli analisti sottolineano altresì che l’impatto dell’ICT sulla crescita economica dipenderà anche dal ritmo di crescita dell’economia globale e dalla velocità con cui l’Europa completerà il mercato unico digitale.

In questo contesto la Commissione europea svolge un ruolo essenziale nell’armonizzazione dei diversi regimi regolamentari: un processo la cui conclusione ideale sarebbe la realizzazione di un unico framework coerente piuttosto che la somma imperfetta di 27 framework diversi. Ma anche gli Stati membri, conclude il report, hanno un ruolo altrettanto importante nell’implementazione di regole armonizzate che puntino a semplificare procedure amministrative, norme e regolamenti che incidono sulle attività transfrontaliere siano esse transazioni digitali, flussi di dati, rifornimento internazionale di talenti e competenze o regolamenti aziendali.

Altrettanto cruciali saranno le misure per facilitare e abilitare l’accesso al credito, in particolare per le piccole imprese e per le iniziative imprenditoriali più rischiose e innovative, così come nuove regole armonizzate sulle procedure di bancarotta.

 

Cosa accadrà, quindi, da qui al 2017? L’Europa sarà una ‘savana’, frammentata e incapace di far crescere le sue aziende; una ‘foresta pluviale‘ con un mercato integrato, aziende competitive e benessere sociale; una serra, iperprotettiva con un mercato regionalizzato o un ‘deserto digitale‘? tutto dipenderà, concludono gli analisti, dall’impegno che governi nazionali e Commissione europea porranno nella realizzazione di una visione coerente e strategica sul ruolo dell’ICT, riformando e investendo dove necessario, mettendo in atto condizioni regolamentari favorevoli e usando finanziamenti e appalti pubblici per stimolare e guidare l’innovazione.

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