Italia
L’Agenzia delle Entrate si candida alla riscossione del canone Rai, uno dei tributi più ‘antipatici’ ed evasi dagli italiani.
Stamani il direttore dell’Agenzia, Attilio Befera, intervenendo dinanzi alla Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria, ha dichiarato che “Il canone è un tributo erariale, non si può scegliere se pagarlo o meno, come tale è gestito dall’Agenzia, ma è dato in concessione alla Rai per quanto riguarda le persone fisiche”.
“Definirlo canone – ha aggiunto Befera – è concettualmente sbagliato perché’ farebbe pensare a un canone di abbonamento”.
Il presidente dell’Agenzia ha poi precisato che la gestione del recupero, che attualmente è affidato in concessione alla Rai per quanto riguarda le persone fisiche, potrebbe passare sotto la gestione diretta dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo quanto è emerso dall’audizione il livello di evasione, si aggira attualmente intorno al 25% e, in base ai calcoli della Corte dei Conti relativi al 2004-2007, ammonta a 450 milioni l’anno.
Ma dal Pd replica prontamente l’on. Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai: “L’Agenzia delle Entrate non ha diretta competenza sul canone Rai, il direttore Befera invece di fare lo sceriffo delle tasse si occupi delle sue prerogative ed eviti invasioni di campo”.
Per Anzaldi, “L’obiettivo di eliminare l’evasione sul canone è assolutamente condivisibile e da sostenere. Il canone Rai, però, non è equiparabile a un semplice tributo, non ha lo stesso profilo ed eventuali cambiamenti della normativa spettano al Parlamento, di certo non a un’Agenzia statale che ha compiti esecutivi. I tributi prevedono riduzioni ed esenzioni, a seconda dei casi. Tra l’altro, nel caso in cui si voglia dotare la Rai di strumenti diversi per la riscossione del canone, andrebbe anche chiarito con certezza a cosa sarebbero destinati gli eventuali introiti aggiuntivi. I cittadini non potrebbero sopportare che i maggiori ricavi servano per aumentare spese inutili o appalti esterni“.
“Prima la Rai – ha concluso Anzaldi – deve presentare un piano di ristrutturazione che preveda l’eliminazione degli sprechi e l’ottimizzazione delle risorse, anche ridimensionando quelle strutture che rispetto alla concorrenza sono molto più pesanti”.
E’ stato intanto oscurato il sito dell’on. Renato Brunetta (Fi) RaiWatch.it che forniva informazioni sugli sprechi della tv pubblica. “Io ho solo pubblicato gli atti della Commissione di Vigilanza Rai. Hanno oscurato quindi RaiWatch. Io continuerò a fare trasparenza”, ha scritto il parlamentare su Twitter commentando la notizia.
Il sito, scrive Repubblica, è stato chiuso con un’ordinanza del Tribunale di Bologna dopo un ricorso urgente (ex articolo 700 del codice di procedura civile) presentato da Viale Mazzini, che gli contestava l’utilizzo della parola Rai nel nome. Il magistrato riconosce che Rai è un marchio meritevole di protezione totale e il Tribunale è intervenuto rilevando la capacità del sito di ledere le prerogative industriali di Viale Mazzini.
Sempre il Tribunale – continua Repubblica – osserva che Brunetta non è proprietario del sito, che fa capo a un fornitore di connessioni Internet di Ravenna. Fatto sta che il deputato ha indicato il sito come una sua arma politica e lo stesso fornitore ravennate giura di aver agito su mandato del parlamentare.
L’ordinanza, oltre ad oscurare il sito e ogni diramazione sui social network, trasferisce alla tv di Stato la proprietà provvisoria del dominio RaiWatch.it.
Intanto Brunetta rilancia sul suo profilo Twitter: “Il mio obiettivo è Sanremo. Io voglio sapere come sono pagate le star di Sanremo. La mia colpa è voler fare trasparenza“.