Italia
Quantunque pochi la abbiano ancora letta, sembra che sia giunta a destinazione la prevista Raccomandazione della Commissione europea sulle due delibere approvate dal Consiglio dell’Agcom lo scorso mese di luglio e oggetto di un lungo confronto fra le parti. Molto è stato detto e scritto nel merito ma la vicenda suggerisce una riflessione che esula o, meglio, sovrasta la questione in sé.
Chi avrebbe potuto lucidamente ipotizzare una tale situazione di stallo fra un’Autorità di regolamentazione nazionale e un’alta istituzione europea? È proprio questo il vulnus peggiore che la sfida lanciata da Agcom ha ormai definitivamente aperto.
Non pochi giuristi considerano il sistema delle Authorities di derivazione culturale anglo-americana un’anomalia nel sistema democratico nato dall’Illuminismo, che bilancia l’esercizio dei poteri dello Stato attraverso la divisione fra Legislativo, Esecutivo e Giudiziario. Ma tutti, d’altra parte, riconoscono in questa anomalia formale anche virtù pragmatiche, nello stralcio selettivo dal normale meccanismo della dialettica democratica di alcune speciali competenze che nella loro complessità richiedono, per essere ben esercitate nell’interesse della collettività, la padronanza di conoscenze altamente specialistiche. Tuttavia, nessuno desidera vivere in una Società umana organizzata secondo meri criteri tecnocratici, esercitati fuori e sopra ogni controllo da pochi illuminati Sapientes.
Dunque non dovrebbe apparire illogico che, sia pure lungo un binario prefissato di esercizio di un insieme circoscritto di “poteri altamente tecnici”, esistano livelli di controllo, nel rispetto del più generale interesse pubblico. Per questo motivo dovrebbe essere considerato un elemento di garanzia per il cittadino consumatore e per il sistema delle imprese che un’Autorità di regolamentazione di settore “risponda” delle proprie scelte ad un organismo nazionale o europeo. Come ben sappiamo, per alcune materie Agcom risponde al Parlamento italiano, mentre per altre alla Commissione europea. Tertium non datur? Forse no.
Il duro contrasto insorto fra la nostra Autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni e la DG-CONNECT della Commissione europea ci apre gli occhi su una spiacevole e imbarazzante situazione che sembra suscettibile di due soli esiti, stante la dichiarata ferma posizione di non recedere dei “duellanti”, proprio come nell’omonimo capolavoro di Ridley Scott. Il primo è che la Commissione sia nel giusto e che, razionalmente, ricorra alle vie giudiziarie contro Agcom (ossia, ahimè, contro l’Italia). In questo caso se, come logica consequenziale suggerisce, le verrà infine dato ragione, quanto meno avremmo ristabilito il confortevole e virtuoso principio generale che non esistono materie oggetto di regolazione “off limits” né Istituzioni deputate ad esercitarle che decidono senza un vincolante livello di controllo in seconda lettura, aspetto quest’ultimo da non confondere con il requisito della loro indipendenza. Da un lato, da cittadini europei questa riaffermata consapevolezza ci rassicurerebbe non poco: non esistono in Europa forme di potere assoluto (salvo l’ovvio, ma lungo e costoso, diritto di chiunque individualmente si ritenga leso al ricorso alle vie giudiziarie). Dall’altro lato, però, da contribuenti italiani avremmo poco da gioire, dovendo tutti mettere mano al portafoglio, in una congiuntura in cui questa è l’ultima cosa che vorremmo fare, e per di più per effetto di un oscuro contenzioso istituzionale su una materia di dubbia virtù e dal nome cacofonico: l’unbundling.
Il secondo esito, ossia che sia Agcom ad ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni in merito alla piena e incondizionata titolarità delle delibere, non può che turbarci e non per l’arida questione di quale dovesse essere nell’anno ormai trascorso il prezzo giusto dell’unbundling. Infatti, significherebbe che ci sono, in Europa, materie che esulano da forme di sorveglianza e controllo di secondo livello e Istituzioni che dettano regole, in mano a pochi supertecnici, autorizzate ad esercitare poteri assoluti, come fossero vere e proprie monarchie non costituzionali di settore. Insomma nel delicato sistema operativo delle Istituzioni, come in una qualsiasi arida rete di computer, si sarebbe annidato un infido e preoccupante bug.